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Cronaca 17 Marzo 2023

Le due vite di Fabio D’Acchille, il parà delle forze speciali ricoverato a Montecatone: «Un riferimento per gli altri pazienti»

Da Montecatone arriva la storia di Fabio D’Acchille, quarantunenne toscano di Forte dei Marmi, sposato e padre di due figlie di 5 e 11 anni, uomo dal sorriso facile e dalla rara determinazione, affascinato fin da piccolo dall’idea di essere un parà. Entra nell’Esercito non ancora maggiorenne e negli anni si guadagna un posto nei corpi speciali del Nono Reggimento d’Assalto paracadutisti Col Moschin. Esserne incursore significa trovarsi negli angoli più ostili del pianeta e prendere parte a operazioni di qualsiasi natura operativa, avviate con breve preavviso. Uno sniper che ha espresso il meglio di sé in numerose abilità: di tiratore scelto (ed addirittura istruttore), nella capacità di orientamento e navigazione terrestri, nelle tecniche di mascheramento e mimetizzazione, di movimento tattico, di superamento ostacoli, di mobilità verticale, oltre ad essersi specializzato in assistenza medica sul campo.

A settembre, però, a seguito di un incidente durante un addestramento, dopo l’intervento chirurgico al Policlinico Gemelli di Roma, la stabilizzazione alla schiena e i drenaggi a entrambi i polmoni, Fabio è stato ricoverato a Montecatone. «L’abbiamo accolto in terapia semintensiva ad alta valenza riabilitativa – spiega Laura Simoncini, direttore dell’Unità Spinale dell’Istituto – con una paraplegia completa compatibile con la lesione midollare a livello dorsale. Ottenuta la stabilità clinica, è stato trasferito in Unità Spinale per la prosecuzione del percorso. Fabio, grazie anche all’alta tecnologia riabilitativa come Hunova ed esoscheletro, è riuscito in un rapido recupero del controllo del tronco, essendo più autonomo nella gestione delle attività quotidiane e della carrozzina. Infine, con l’utilizzo del Life Bridge, l’appartamento domotico in Istituto, insieme a sua moglie Federica ha potuto sperimentare le abilità raggiunte compatibili con il rientro a casa. E durante il suo percorso, in diversi momenti, ha mostrato ad altri giovani degenti con lesioni midollari simili, come determinazione e impegno siano fondamentali per affrontare il percorso riabilitativo, diventando presto un loro riferimento».

«Quando ti rapporti con un tetraplegico e quella stessa persona trascorre tutti i pomeriggi assieme a te a ridere e scherzare – racconta Fabio – comprendi tante cose e riconsideri il concetto di resilienza. Lo riconsideri anche quando scorgi una moglie abbracciare il marito cerebroleso, lei continua a parlarci, percepisci l’amore che gli trasferisce nonostante possa ricambiare muovendo solo l’unica cosa che conserva ancora questa caratteristica, ovvero gli occhi. O anche, quando t’accorgi che un fisioterapista impiega un giorno intero per far aprire e chiudere la mano a un paziente. Umanamente a Montecatone ho appreso tanto. E cancellato definitivamente dal mio vocabolario l’espressione non ci riesco. Ho ancora tante fortune». (r.cr.)

Nella foto: Fabio D’Acchille

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