Castagne e marroni, dal bosco alla tavola
La bontà dei marroni è un dono della terra e del sole che la passione e il sapere della gente di montagna ha tramandato fin dal Medioevo. Un frutto che, un tempo, è stato molto più che una prelibatezza gastronomica.
Per molti secoli, infatti, «l’italico albero del pane», come lo definì il poeta e accademico Giovanni Pascoli, figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento, è stato il principale nutrimento, l’ingrediente base dell’alimentazione delle popolazioni contadine, soprattutto nel periodo invernale, quando la scarsità di generi alimentari si faceva più gravosa.
I marroni si distinguono dalle più comuni castagne per grandezza e per il loro gusto più dolce e profumato. Entrambi si raccolgono nel mese di ottobre, divenendo protagonisti della tavola di tante famiglie. Possono essere consumati cotti nelle apposite padelle direttamente sul fuoco (brusé) oppure bolliti in acqua (ballotte). Con la purea di marroni bolliti si preparano i dolci e i capaltèz, uno dei primi piatti tipici di Castel del Rio. Con la farina ottenuta dai frutti essiccati si preparano il castagnaccio, la polenta dolce, la sfoglia per tagliolini, ciambelle e frittelle. Prelibati sono poi i marroni al rum, la marmellata di marroni e vari liquori. Piatti che si assaporano pienamente in autunno, quando i frutti sono freschi, ma che sono diventati la ricchezza di una popolazione fino a primavera inoltrata grazie alla sapienza e all’abilità di mani esperte. (ale. gio.)
Altre curiosità nel numero del Sabato sera del 10 ottobre
Nella foto di Marco Isola/Isolapress, la Sagra dei marroni di Castel del Rio