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Economia 17 Ottobre 2018

Economia, la società bolognese C Holding rileva ciò che resta della Cesi

Il finale della lunga vicenda Cesi, posta in liquidazione coatta amministrativa l’8 luglio 2014, lo ha scritto nelle scorse settimane la società bolognese C Holding, che, mettendo sul piatto circa 24 milioni, ha acquisito ciò che restava della Cooperativa edilstrade imolese. L’offerta è stata messa nero su bianco in una proposta di concordato fallimentare, modalità prevista proprio dalla legge fallimentare, i cui dettagli sono stati pubblicati lo scorso 31 maggio in Gazzetta ufficiale. C Holding, si legge nella proposta, «intende perseguire il duplice obiettivo di proseguire nel completamento delle attività sui beni di proprietà Cesi e nella realizzazione dei piani industriali delle società del gruppo tuttora attive», nonché nella liquidazione dei creditori. Restano infatti ancora 5 società attive «partecipate al 100% dalla procedura, che risultano operative, con iniziative immobiliari da realizzare e 3 società partecipate pro quota da Cesi».

Nel 2012 il gruppo Cesi, che quest’anno avrebbe compiuto quarant’anni, risultava composto da 65 società. C Holding si è quindi impegnata a portare avanti le attività attraverso una newco, interamente controllata, e ad impiegare gli addetti Cesi rimasti in forze alla procedura di liquidazione. In tutto, quattro persone. Al momento della messa in liquidazione, quattro anni or sono, invece, i lavoratori erano circa 400, oltre 300 dei quali anche soci della cooperativa. «Quanto al personale dipendente di Cesi – riassume il documento – vi è stata una complessiva dismissione della forza lavoro in parte mediante ricollocazione presso altre società operative del gruppo e in parte mediante dimissioni volontarie, licenziamenti, pensionamenti e altro». Quello che il documento non dice, invece, è che per il territorio è stata una perdita ingente di posti di lavoro, amplificata dagli effetti a catena sull’indotto.

Nel corso della liquidazione sono state organizzate otto aste di beni mobiliari e immobiliari, che hanno permesso al commissario di rimpinguare le casse della procedura. La prima si è tenuta il 28 novembre 2015, l’ultima il 16 dicembre 2017. Grazie anche alle somme così incassate, Gaiani ha potuto effettuare cinque riparti successivi, a favore dei creditori. «Sono già stati soddisfatti interamente, quindi al cento per cento, i creditori privilegiati, per circa 30 milioni» sottolinea. Dopo quattro anni, nelle casse della procedura di liquidazione c’erano circa 22 milioni e 700 mila euro, derivanti, dettaglia Gaiani «da incasso crediti, cessione partecipazioni, transazioni e incasso cause in essere e vendite beni all’asta. Rimanevano ancora da alienare diverse tipologie di beni (38 lotti, Ndr), aree da sviluppare, cantieri, capannoni, alcuni dei quali già posti in asta, ma con esito negativo». A fronte di tutto ciò, tribunale e creditori hanno ritenuto comunque vantaggiosa l’offerta di C Holding. «La Cesi è stata una delle procedure più importanti degli ultimi anni dell’intera regione, sia in termini di numeri che di complessità – così Gaiani riassume la sua esperienza -. Sono molto soddisfatto sia per il lavoro svolto, per i rapporti personali che si sono creati soprattutto con alcuni degli ex dipendenti e anche per l’esito della procedura».

C Holding, detenuta al 70% dalla società bolognese Finross della famiglia Rossetti, è specializzata in ristrutturazione debiti, gestione insolvenze, acquisto crediti e cespiti da procedure fallimentari o concorsuali. Nel recente passato Finross ha assunto alcuni concordati fallimentari già omologati, tra cui quelli relativi alle società Mediafiction (già controllata da Cecchi Gori), Busi Group e Busi Impianti. 

lo.mi.

L”articolo completo su «sabato sera» dell”11 ottobre.

Nella foto: il presidio dei lavoratori della «Cesi» nel luglio 2014

Economia, la società bolognese C Holding rileva ciò che resta della Cesi
Cronaca 1 Settembre 2018

Gli imolesi Andrea Zucchini e Parnia Amani di I-Pars porteranno all'autodromo una delegazione di imprenditori iraniani

Una quarantina di imprenditori iraniani, facoltosi e provenienti da diversi settori, arriveranno a Imola la prossima settimana per cercare di creare legami con l”economia locale e, perché no, stringere affari convenienti per tutti. Il merito di questa bella iniziativa è dell”imolese Andrea Zucchini e dell”iraniana (ma imolese d”adozione) Parnia Amani, rispettivamente presidente e direttore generale di I-Pars, società di consulenza con sede a Teheran.

La delegazione, come illustrato nella conferenza di presentazione dell”evento andato in scena ieri nella sala Ayrton Senna del circuito in riva al Santerno, sarà all”autodromo Enzo e Dino Ferrari, insieme a accompagnatori e interpreti, intorno alle 8.30 di mercoledì 5 settembre e saranno accolti dalla sindaca di Imola Manuela Sangiorgi e dagli Assessori Patric Cavina (Sviluppo economico) e Maurizio Lelli (Autodromo), dal mondo istituzionale e politico cittadino, oltre che dalle forze dell”ordine e da alcuni esponenti dell”industria locale.

A seguire è in programma un giro del tracciato su un pullman con sosta al monumento di Ayrton Senna ed al parco delle Acque Minerali. Sono previsti inoltre giri di pista con pilota su safety car, prova dei simulatori, visite alla mostra, alla torre Dekra e al podio. Possibile anche la possibilità di provare l”ebrezza di guidare una Ferrari 488 GTB o di fare un volo panoramico sull”elicottero Bell 407 GX. Emozioni forti, quindi, per gli ospiti dal momento che in Iran le auto con cilindrata superiore ai 2.500cc sono vietate, così come l”utilizzo di elicotteri privati o a scopo turistico. Sarà esposto inoltre il nuovo «gioellino» biposto prodotto dalla Curti Spa, simbolo dell”eccellenza aeronautica del Made in Italy.

La delegazione poi, prima o dopo l”evento, dovrebbe incontrare individualmente alcune aziende imolesi (massimo riserbo sui nomi), per poi spostarsi a Bologna dove è fissata una visita riservata che sarà comunicata ai presenti direttamente il giorno 5 settembre.

r.c.

Nella foto: da sinistra Erik Lanzoni (If), Andrea Zucchini e Parnia Amani (I-Pars), Marco Gaspatti (Confindustria Emilia) e Roberto Marazzi (direttore Autodromo)

Gli imolesi Andrea Zucchini e Parnia Amani di I-Pars porteranno all'autodromo una delegazione di imprenditori iraniani
Economia 24 Agosto 2018

L'azienda Walvoil raddoppia gli spazi e trasloca a Ca' Bianca

Da via San Giovanni nella zona artigianale di Osteria Grande all’angolo tra via Maestri del lavoro e via Salieri nella zona industriale Ca’ Bianca, a due passi dal casello dell’autostrada. Uno spostamento di pochi chilometri, ma che per la Walvoil significa sostanzialmente raddoppiare gli spazi a disposizione tra uffici e produzione. Nel nuovo capannone troveranno posto gli uffici, il reparto produttivo e l’area ricerca e sviluppo, che occuperanno complessivamente 16.500 metri quadrati coperti, un po’ più del doppio degli 8 mila utilizzati oggi a Osteria Grande. 

Walvoil in Italia è un colosso che dà lavoro a circa 1.300 persone ed è presente a Reggio Emilia, Riola di Vergato e a Osteria Grande. Tra i clienti, si annoverano ad esempio Caterpillar, New Holland e, più vicini a noi, la Toyota a Calderara e la Bonfiglioli di Forlì. Nonostante i passaggi societari degli ultimi anni, la fabbrica di via San Giovanni si occupa sempre della produzione di valvole e distributori oleodinamici in particolare per macchine movimento terra. «La nostra filosofia aziendale è quella di mantenere le eccellenze nei territori in cui si trovano le aziende che vengono assorbite dal gruppo» ci spiegano dalla direzione dello stabilimento di Osteria Grande -. Un anno e mezzo fa abbiamo iniziato a riflettere sul futuro di questa realtà. Nel gruppo Walvoil c’era un progetto di crescita e, quindi, necessità di spazi maggiori. Questo perché abbiamo bisogno di far fronte alle crescenti richieste del mercato, oltre al  grande lavoro svolto da Walvoil in ambito tecnico-commerciale. Da qui la ricerca di un sito dove costruire per espanderci. In zona Ca’ Bianca abbiamo trovato un buon equilibrio tra qualità e prezzo, ma soprattutto è un’area favorevole agli spostamenti, in particolare per la vicinanza all’ingresso in A14. Tra l’altro, abbiamo incontrato una grande disponibilità sia da parte dell’amministrazione, in particolare del sindaco di Castel San Pietro Fausto Tinti, sia dell’ufficio tecnico nell’aiutarci a trovare uno spazio adatto e a velocizzare le pratiche necessarie ad ottenere il permesso di costruire. Si può pertanto affermare che abbiamo trovato una controparte pubblica che si è spesa molto per mantenere una realtà nel territorio in cui è nata».

I tempi dell’operazione, inoltre, sono stati molto veloci. «L’interessamento all’area da parte di Walvoil risale allo scorso autunno e a gennaio di quest’anno è stato fatto il rogito – proseguono dall’azienda -. Nel mese di giugno sono cominciati i lavori e l’obiettivo è ultimare il cantiere nei primi mesi del 2019».

gi.gi.

L”articolo completo su «sabato sera» del 23 agosto.

Nella foto: il rendering del nuovo stabilimento a Ca’ Bianca

L'azienda Walvoil raddoppia gli spazi e trasloca a Ca' Bianca
Economia 6 Luglio 2018

Casa vinicola Poletti festeggia i 90 anni con lo spumante Novebolle Romagna DOC “Anniversario”

La Casa vinicola Poletti compie 90 anni e festeggia l”anniversario con il lancio di un nuovo spumante. Novebolle Romagna DOC 90° “Anniversario” è il nome dell”ultima creazione dell”azienda fondata nel 1928 da Aurelio Poletti e attualmente guidata da Carlo Poletti, affiancato dalle figlie Elena e Diana.

La presentazione dello spumante è avvenuta nel corso di un serata speciale organizzata al podere “La Sagrestana”, in occasione di CinemaDivino, la manifestazione che da 12 anni propone, in Romagna e in altre regioni italiane, la proiezione di film di successo all’interno delle cantine del territorio, con degustazione inclusa. 

Con il Novebolle l”azienda imolese intende, inoltre, lanciare una sfida ambiziosa al più celebre e blasonato Prosecco, partendo dalla consapevolezza della qualità del prodotto. “Il Trebbiano – sottolinea infatti Elena Poletti – è il simbolo per eccellenza della Romagna, insieme al Sangiovese. E” un vino che, se opportunamente selezionato e lavorato, può dare risultati straordinari”.

Attualmente, la Casa vinicola è la prima cantina privata della Romagna per volumi di produzione. Lavora 50mila quintali di uva all”anno (il 10-15% dei quali rappresentano la speciale selezione per la linea ‘top’ La Sagrestana) e ha anticipato di decenni l’industrializzazione del settore.

Elena Poletti ricorda in particolare che fu il nonno Aurelio, insieme al figlio Angelo, enologo di famiglia, ad avere l’idea di commercializzare in tutta Italia il vino in damigiana, per poi investire, a partire dal dopoguerra, in un moderno impianto di imbottigliamento. In quegli anni Poletti si consolidò come realtà industriale aperta all”internazionalizzazione (una consistente quantità di vini Poletti viene esportata in Scandinavia, Australia, Stati Uniti, Russia), pur mantenendo le caratteristiche di azienda familiare con radici ben salde nel territorio.

Oltre a produrre in proprio, Poletti lavora anche uve conferite da agricoltori del territorio, con i quali vige un consolidato rapporto. Una parte importante, poi, la fanno l”enologia e le tecnologia. “Oggi – conferma Elena – abbiamo due bravissimi enologi a cui cerchiamo ogni giorno di fornire, tramite investimenti importanti, il meglio della tecnologia disponibile per affinare tutte le delicate fasi della vinificazione e dell’imbottigliamento. Anche sul Sangiovese Superiore, che è la nostra produzione di punta dal 1970, abbiamo lavorato intensamente sull’aspetto del gusto, per affiancare alle peculiarità storiche di questo campione dei vini romagnoli anche moderne caratteristiche richieste dal mercato quali morbidezza e rotondità”. 

La cantina imolese ha dunque le idee chiare e guarda con fiducia al futuro.

“Siamo consapevoli di lavorare al fianco di grandi colossi romagnoli e italiani – conclude la nipote di Aurelio Poletti – e questo ci impone due cose: primo, operare sul mercato come una vera e propria azienda industriale, con il nostro impianto da 25 milioni di litri l’anno che lavora sia sulle nostre produzioni sia su linee ed etichette personalizzate richieste dai mercati nazionali e internazionali. Il secondo aspetto, per distinguerci dalla concorrenza, consiste nel valorizzare il nostro punto di forza, che è lo storico rapporto con il nostro territorio e la capacità di interpretarne l’identità, dal campo alla bottiglia”. (r.c.)

Nella foto sotto da destra: Eleonora Poletti, i nipoti Francesco e Maria Giulia,
le sorelle Diana ed Elena, infine l’altra nipote Giorgia

Casa vinicola Poletti festeggia i 90 anni con lo spumante Novebolle Romagna DOC “Anniversario”
Economia 5 Luglio 2018

Food blogger e influencer web le nuove modalità di promozione dei prodotti CLAI

Nonostante siano passati più di vent’anni (erano i primi anni Novanta), chi non ricorda gli sketch di Giovanni Rana alle prese con Marilyn Monroe o Stalin? Allora la scelta dell’imprenditore della pasta fresca di apparire in prima persona negli spazi pubblicitari televisivi e della carta stampata, come testimonial di se stesso e della genuinità del proprio prodotto, fu tanto inusuale quanto vincente: l’intuizione di un marketing personalizzato, infatti, lo rese noto al grande pubblico e trasformò il piccolo pastificio aperto nel 1961 nell’odierno colosso dell’alimentare, che vanta una sede produttiva anche oltreoceano.Le strategie di marketing e pubblicità possono notevolmente influire sul successo di un’azienda.

In pratica, non solo è importante che gli ingredienti del prodotto di un’azienda agroalimentare siano buoni, ma anche che le basi del proprio marketing aziendale siano attuali o addirittura possano precorrere i tempi. Lo sa bene la cooperativa agricola Clai, che da qualche anno ha scelto di differenziare il proprio marketing aziendale puntando contemporaneamente sulle pubblicità tradizionali, quelle online e gli eventi in store.Da un anno a questa parte, inoltre, ha affidato il ruolo di direttore marketing a Gianfranco Delfini, già impegnato nel settore per il salumificio Fratelli Veroni.

«Al mio arrivo ho trovato un’azienda con una buona presenza sul web e sui social network – racconta Delfini -, da un lato maggiore rispetto alla media del settore salumi, dall’altro strutturata attraverso contenuti differenziati e di qualità come ricette, consigli per l’uso dei prodotti e quiz attraverso cui far interagire il pubblico con il marchio. Un’ottima base di partenza per strutturare progetti mirati ai target da conquistare».

Dallo scorso anno Clai collabora con alcuni food blogger, non solo dei recensori ma in alcuni casi vere e proprie star del web. Le opinioni di alcuni contano così tanto da fare marketing?
«Per il secondo anno collaboriamo con una decina di food blogger fra i più seguiti d’Italia, provenienti da differenti regioni, che ogni settimana propongono nel nostro sito e nei loro spazi online proprie ricette realizzate con i nostri prodotti. La forza dei food blogger è la loro naturalezza, ognuno ha il proprio stile di cucinare e comunicare e per questo ognuno di loro raggiunge un pubblico diverso. C’è perfino chi taglia il salame senza preoccuparsi della forma obliqua cui in Emilia Romagna facciamo grande attenzione, ma è proprio la diversità la vera ricchezza. In pratica attraverso i food blogger ci raccontiamo zona per zona. E partendo dal web riusciamo ad arrivare nelle microaree dei consumatori veri. L’opposto dello spot televisivo». (mi.mo.)

L”intervista completa è sul “sabato sera” del 5 luglio

Nella foto i food blogger che ad aprile hanno partecipato al “Blogger Day” organizzato nella sede del “Sonia Peronaci Factory” a Milano

Food blogger e influencer web le nuove modalità di promozione dei prodotti CLAI
Economia 9 Giugno 2018

Packaging, l'azienda Robopac ha acquisito il controllo della Sotemapack di Anzola

Robopac, l’azienda sammarinese del gruppo romagnolo Aetna trasferitasi nel 2017 nello stabilimento ex Malaguti di Castel San Pietro, ha acquisito dalla famiglia De Martis il controllo di Sotemapack, azienda di Anzola dell’Emilia. Una partnership che rafforza ulteriormente la posizione del gruppo guidato dalla famiglia Aureli quale player della packaging valley bolognese a livello mondiale.

Quello dell’accordo societario tra due note famiglie imprenditoriali, peraltro, è un cliché che si ripete. Giusto un anno fa la holding Aetna aveva siglato un accordo con la famiglia Gatteschi per entrare nel capitale sociale della Ocme, azienda parmense fondata a metà del secolo scorso, attiva nella produzione di macchine per il packaging primario e secondario e soluzioni per il fine linea e la logistica. Creando così una realtà industriale, appunto Robopac più Ocme, che oggi sviluppa un fatturato complessivo superiore ai 300 milioni di euro, con 1.400 dipendenti (di cui il 75% in Italia e il 25% nel resto del mondo).

Numeri che ne fanno uno dei primi cinque costruttori italiani di macchine per il packaging. «Anche con Sotemapack – commentano Enrico e Valentina Aureli, amministratori delegati di Robopac – due famiglie si sono ritrovate e riconosciute prima di tutto a livello valoriale, in quanto senza valori condivisi non si può fare una joint-venture insieme: abbiamo acquisito il controllo delle quote di maggioranza dell’azienda, ma contiamo molto nel nostro partner, che rimarrà con noi e che darà un contributo fondamentale in termini d’innovazione tecnologica e commerciale».

Sotemapack entra quindi a far parte del mondo Robopac, così come era accaduto un anno prima a Ocme. Senza dimenticare l’accordo di collaborazione siglato ad inizio 2018 con Sacmi Packaging, con le automazioni di fine linea e movimentazione del prodotto finito passate sotto il controllo di Robopac, rafforzandone la leadership nel settore delle soluzioni di fine linea, da considerarsi non soltanto come ultima fase del processo produttivo ma anche come prima fase della logistica. Sotemapack opera all’interno di una moderna sede produttiva ad Anzola dell’Emilia, sviluppando un fatturato che si aggira sui 10 milioni di euro.

r.e.

L”articolo completo su «sabato sera» del 7 giugno.

Nella foto (Isolapress): la sede della Robopac a Castel San Pietro

Packaging, l'azienda Robopac ha acquisito il controllo della Sotemapack di Anzola
Economia 14 Maggio 2018

Pac 2020-2027, al convegno Cia Imola l'europarlamentare Dorfmann: «Brexit pericolo per l'agricoltura, tagli ai fondi Ue»

La Politica agricola comune 2020-2027 è stata la protagonista sabato scorso al convegno in programma a palazzo Sersanti e organizzato dalla Cia Imola. «Questo iniziativa – ha spiegato il presidente di Cia Imola Giordano Zambrini –  è, solo l’inizio di un percorso che vuole dare gambe ad una progettualità nel nostro territorio che coinvolga tutti i settori e non solo quello agricolo. Gli agricoltori, infatti, non possono farsi carico da soli della tutela dell’ambiente perché tutti noi siamo custodi di un territorio da lasciare in condizioni migliori di oggi a chi verrà dopo di noi. Dai programmi e dalle proposte della nuova Pac vogliamo cogliere tutte le possibilità da trasferire anche nelle nostre aree. Dobbiamo, perciò, avere un metodo di lavoro e creare le condizioni alle aziende agricole di poter sopravvivere». 

Presente anche l’europarlamentare altoatesino e membro della Commissione Agricoltura Herbert Dorfmann. «A livello comunitario stiamo pensando a come portare avanti la Politica Agricola nel futuro. L’agricoltura riceve un terzo del budget dell”Unione Europea e il Commissario Europeo dell”Agricoltura Phil Hogan ha già proposto un taglio del 5% dei fondi causa un buco di 20-25 miliardi dovuti almeno per metà dalla Brexit. Personalmente posso dire che non sono d”accordo con questa decisione. L’idea è quella di sviluppare la Pac in maniera più chiara per renderla meno complicata rispetto a quella odierna. Una proposta piò essere quella di un nuovo modello di gestione dove l’Europa fissa le regole lasciando però agli Stati membri il modo di raggiungere gli obiettivi, pur cercando di mantenere il mercato il più comune possibile. Oggi la distribuzione dei fondi tra i vari Stati membri non è adeguata e si può pensare di creare criteri specifici di assegnazione. Un altro problema è il “Greening” che non accontenta né gli agricoltori né gli ambientalisti e cambiare il sistema, però, non vuol dire avere meno impegni ambientali. Va migliorata anche la burocrazia ed evitare che gli agricoltori possano ricevere i soldi dopo un’attesa troppo elevata. Infine è fondamentale migliorare i fondi disponibili per gestire le crisi e rompere il principio di annualità, aumentando così la possibilità di interventi futuri».

Ambiente è sinonimo di mutamenti climatici e cambiamenti globali. E’ questo quanto illustrato, in seguito, da Carlo Pirazzoli, professore ordinario al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari Università di Bologna. «Le temperature negli ultimi 30 anni sono aumentate di 0.9 gradi e si è superata la soglia di sicurezza di CO2 nell’aria. A questa emergenza climatica bisogna rispondere in maniera adeguata e pensare in maniera diversa come, ad esempio, piantare specie resistenti alla siccità. Un suggerimento può essere anche quello di introdurre agricolture di precisione che rispettino l’ambiente, riducendo gli impatti delle colture intensive e l’utilizzo di fertilizzanti. Bisognerà attrezzare le imprese con strumenti e infrastrutture e, soprattutto, fare un corretto uso dell’acqua. In pratica somministrare ciò che serve al momento giusto perché l’acqua è indispensabile per produrre con qualità e in quantità. Anche le innovazioni sono importanti e bisogna avere l’umiltà di imparare da esse».

Quando si parla di innovazioni impossibile non pensare ai giovani e al mondo della scuola. «I ragazzi devono avere delle buone competenze – commenta Vanna Monducci, dirigente scolastico dell’Istituto Alberghetti di Imola – e bisogna formare delle persone in grado di adattarsi ai cambiamenti. Importante anche la capacità di lavorare in gruppo e relazionarsi con gli altri oltre a mettere in pratica ciò che si conosce. Le scuole devono porre ai propri studenti delle sfide per risolvere dei problemi e guardare così al domani perché solo quando escono dalla scuola sono a contatto con la realtà. In fondo si diventa davvero competenti solo quando si mettono in pratica le nozioni teoriche».

Ma com’è il mondo del lavoro in agricoltura per un giovane? «Non è così roseo come vogliono farci credere – spiega Stefano Calderoni, presidente Cia Ferrara -. Uno su dieci non ce la fa e dopo cinque anni chiude l’azienda. La statistica diventa uno su due se la persona non ha alle spalle una famiglia di agricoltori. Quello che ci viene prospettato non parla la pelle viva degli agricoltori ed è più una vocazione che un’esperienza felice. La crescita percentuale delle nuove imprese è aumentata, ma solo perché come contrappasso si sono dimezzate quelle già presenti. Tanti progetti come la Banca delle Terre non hanno portato benefici e partire da zero per un giovane è un’impresa quasi impossibile. Il nuovo programma si deve interrogare su questo e eliminare quelle barriere che esistono in agricoltura come i problemi nell’acquisto o nell’affitto della terra o nell’accesso ai crediti. Purtroppo solo chi lavora la terra sa davvero quanto sia dura».

Chiusura del convegno che spetta al presidente Cia Nazionale Dino Scanavino. «Il cambio generazionale è un punto della Pac che non è stato raggiunto e certamente bisognerà trovare delle soluzioni alternative. Visto che si parla di un taglio del budget l’efficienza della spesa è un qualcosa di importante per mitigare questa prospettiva. L’economia, infatti, si fa spendendo bene i soldi. La Pac attuale è complessa e, in certi casi, inaderente alla realtà. In vista del 2020-2027 il percorso è ancora lungo, ma nei prossimi mesi intensificheremo l’attività per creare una progettazione in grado di mettere in piedi una strategia che dia più voce agli agricoltori».

r.e.

Nella foto (di Stefano Manaresi): da sinistra, il moderatore del convegno e direttore del mensile Agricoltura Trentina Michele Zacchi, la dirigente scolastica Vanna Monducci, il presidente Cia Imola Giordano Zambrini, l”europarlamentare Herbert Dorfmann, il presidente di Cia nazionale Dino Scanavino, il professore ordinario del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari Università di Bologna Carlo Pirazzoli e il presidente Cia Ferrara Stefano Calderoni

Pac 2020-2027, al convegno Cia Imola l'europarlamentare Dorfmann: «Brexit pericolo per l'agricoltura, tagli ai fondi Ue»
Economia 2 Maggio 2018

Turolla (Danfoss) festeggia i settant'anni nella sede di via Salieri a Castello

Nel 1948 l’ingegnere Marco Turolla fondava a Bologna un’azienda per la produzione di produzione di pompe oleodinamiche ad ingranaggi, chiamandola con il suo cognome. Dal 2000 Turolla fa parte della multinazionale danese Danfoss, che opera nell’ambito dei sistemi di controllo climatico, energetico, dei componenti e sistemi oleodinamici. Nel 2015 il gruppo Danfoss ha preferito concentrare a Castel San Pietro tutta la produzione europea di pompe oleodinamiche ad ingranaggi esterni.

Ed è proprio nella sede di via Salieri, in zona Ca’ Bianca, che domani verrà festeggiato il settantesimo anniversario di Turolla, alla presenza di clienti, distributori e dei vertici danesi del gruppo. «Settant’anni fa – spiega Riccardo Carra, vicepresidente e direttore generale di Turolla – il visionario e innovativo Marco Turolla ha fondato una azienda di produzione di pompe ad ingranaggi, posizionandola nel terreno più fertile per la tecnologia oleodinamica, l’“hydraulic valley”. In settant’anni, grazie anche alle radici ben piantate in quel fertile terreno, la pianta è cresciuta e è ora robusta e ben salda. Quasi tutto è cambiato da allora, dalle esigenze del cliente alle tecnologie produttive, ma il Dna delle persone che hanno portato Turolla fino a qui è rimasto lo stesso».

Ad oggi Turolla detiene vendite consolidate globali per oltre 50 milioni di euro, la metà delle quali destinate al mercato americano. Tra i suoi clienti principali ci sono realtà quali Caterpillar, John Deere, Cnh Industrial e Bobcat. «Negli ultimi anni – aggiunge Carra – Turolla ha attraversato una fase di grande trasformazione per rispondere agli stimoli provenienti dai nostri clienti e da Danfoss. La trasformazione ha avuto esito positivo e riteniamo di avere ora una consistente base su cui costruire un solido piano di crescita. Prevediamo un aumento significativo della quota di mercato nei prossimi cinque anni».

lo.mi.

L”articolo completo su «sabato sera» del 3 maggio.

Nella foto: la sede di «Turolla» a Castel San Pietro 

Turolla (Danfoss) festeggia i settant'anni nella sede di via Salieri a Castello
Economia 25 Aprile 2018

La crescita degli investimenti sono l'effetto dell'Industria 4.0. I dati sull'andamento 2017 dell'Aci Imola

La parola «ripresa» non viene menzionata, ma i segnali che arrivano dal mondo cooperativo imolese lasciano ben sperare. «Continuiamo così! Tenendo conto che tra le nostre aziende c’è prudenza, i segnali sono molto positivi. Ma non vendiamo la pelle dell’orso…» commenta con cautela Domenico Olivieri, presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane Imola (Aci Imola), presentando i dati che precedono la chiusura ufficiale dei bilanci del 2017 e le previsioni per il 2018.

Crescono, nell’ordine, export, fatturato e occupazione complessiva, ma il dato che salta agli occhi è quello degli investimenti, che nel 2017 è aumentato del 17%, superando i 68 milioni di euro, 10 milioni in più rispetto al 2016. «Più fatturato, maggiori possibilità di occupazione e investimenti fatti – sottolinea Olivieri -: i macro-indicatori sono positivi e di soddisfazione». La volontà e capacità di investire rivelano infatti il grado di fiducia delle aziende nel futuro, basti ricordare che negli anni neri della crisi gli investimenti avevano subito una brusca battuta di arresto. Oggi, dunque, non si naviga più a vista, anche se esistono ancora fattori di criticità, come, ricorda Olivieri «la situazione geopolitica mondiale e la guerra dei dazi che penalizzano chi esporta, o il tema degli appalti, pochi e al massimo ribasso, che incide su chi si occupa di servizi e sociale, o ancora la concorrenza dei discount per la grande distribuzione cooperativa».

L’analisi dell’Aci Imola, che riunisce sotto un’unica insegna gli associati a Legacoop e Confcooperative, ha preso in considerazione 55 cooperative su 111 aderenti (al 31 dicembre 2016), quelle in pratica più rappresentative in termini di fatturato, export, occupazione e, appunto, investimenti. Il numero degli addetti cresce di 150 unità: è passato da 7.424 a 7.574 (+2%). Tiene l’occupazione fissa (6.140 persone), ma si incrementano le altre forme contrattuali come tempi determinati, interinali, avventizi e Cocopro. «Il dato è influenzato dagli avventizi in agricoltura – motiva Rita Linzarini, funzionaria dell’Aci Imola – e dal lavoro interinale, a cui si ricorre per picchi di produzione nel corso dell’anno. Altre forme contrattuali, come l’apprendistato e le collaborazioni, vengono utilizzate come modalità per chi deve approcciare il mondo del lavoro, poi si tende a consolidare il rapporto, trasformandolo in tempo indeterminato». Anche le ristrutturazioni ancora in corso seguite alla crisi, soprattutto nel settore delle costruzioni e filiera, hanno inciso sul dato complessivo, ma oggi, si legge nella relazione dell’Aci di Imola, «lascia sperare in un possibile ulteriore miglioramento».

Segno positivo per il fatturato, che cresce del 4,59% e si attesta attorno a oltre 2 miliardi di euro. «Tenendo conto delle cooperative in liquidazione è un dato positivo» commenta Olivieri. Dopo la debacle del 2014, con le chiusure di Cesi e 3elle, infatti, finora i volumi non avevano recuperato quanto perso. «Il dato 2017 supera quello complessivo del 2013, a testimonianza di come le nostre cooperative siano state in grado non solo di mantenere le loro quote di mercato, ma siano riuscite a conquistare nuovi mercati» spiega la relazione dell’Aci. Bene anche l’export, che cresce del 5,8% e non riguarda solo le aziende manifatturiere che hanno la vocazione per l’estero, ma anche esempi come Clai, che cresce sul mercato internazionale. C’è inoltre la volontà delle cooperative di sfruttare le opportunità legate all’Industria 4.0, con investimenti in attività e formazione per le proprie risorse umane.

Questo spiega il 17% in più registrato alla voce investimenti. «Gli investimenti si mantengono su livelli medioalti – aggiunge Olivieri -. Le agevolazioni messe in campo dal Governo con il Piano Industria 4.0 hanno spinto le nostre cooperative a investire e innovare. Tutto questo è in linea con l’andamento delle imprese in Emilia Romagna, come ci dicono i dati della Camera di commercio di Bologna. Nel nostro piccolo, riverberiamo la tendenza regionale». Per quanto riguarda i singoli settori, segnali positivi vengono da Industria e Agroalimentare, meno bene invece il settore delle cooperative di abitazione, che continua a essere influenzato dalla crisi delle costruzioni e dall’assenza di politiche di sostegno alle giovani coppie per l’acquisto della prima casa. Unici segni negativi, infine, nel settore consumo e dettaglianti, dove il fatturato è stabile, ma l’occupazione scende del 2,5% sul 2016. In questo caso, a incidere in maniera negativa è «la concorrenza dei discount e la diminuita capacità di reddito delle famiglie» concludono dall’Aci di Imola.

lo.mi.

L”articolo completo su «sabato sera» in edicola dal 25 aprile.

Nella foto: Domenico Olivieri

La crescita degli investimenti sono l'effetto dell'Industria 4.0. I dati sull'andamento 2017 dell'Aci Imola
Economia 17 Aprile 2018

E' uscito «Muovete il culo!», il nuovo libro dell'economista imolese Alberto Forchielli rivolto ai giovani

Muovete il culo! è il titolo spiazzante del nuovo libro, uscito il 12 aprile, a firma dell’economista di origini imolesi Alberto Forchielli. Come spiega il sottotitolo, si tratta di una «lettera ai giovani, perché facciano la rivoluzione in un Paese di vecchi». Un titolo, come spiega l’autore, «scelto di getto» per cercare di scuotere ancora una volta le coscienze dei ventenni e trentenni di oggi, dopo i due volumi precedenti Trova lavoro subito!, pubblicato nel 2015, e Il potere è noioso, del 2016. «Questo è l’ultimo tentativo disperato che faccio, poi basta – promette Forchielli -. In questi anni li ho osservati, i giovani. Alcuni sono ammirevoli, cercano di darsi da fare. Però, ho l’impressione che non siano la maggioranza e questo è un dramma. Dicono “questo non lo faccio perché mi sfruttano”, rifuggono dai lavori manuali o da qualunque forma di sacrificio. Credo che una fetta importante di giovani sia alquanto pigra, indolente e viziata, per di più non si rende conto del futuro tragico che la aspetta. Se non cominci a lavorare presto e anche a poco, ti ritrovi a trent’anni, dopo aver rifiutato tutti i lavori, senza nessuna professionalità. E nessuno ti darà lavoro se non hai esperienza».

Nel nuovo libro Forchielli aggiunge due alternative: restare, ma puntando ad esempio sui mestieri ormai dimenticati, oppure percorrere la strada dell’illegalità. Istigazione a delinquere? «Ho chiesto anche il parere di un avvocato prima della 
pubblicazione – spiega -. Ho voluto ampliare il discorso per chi non se la sente o non ce la fa ad andare all’estero, cosa che comunque rimane l’opzione numero uno. Se si rimane in Italia, è legittimo scegliere mestieri come il calzolaio… che fa le scarpe per Ferragamo, però. Perché questa repulsione per i mestieri manuali? Come chi fa la scuola alberghiera e poi non va a lavorare nel settore perché non vuole essere impegnato il sabato e la domenica… Non mi piace una società così, bisogna cercare di rivoluzionare questo Paese partendo dall’etica del lavoro, senza schifare le scuole professionali o prendere una laurea tanto per prenderla. Oggi poi la forbice si è stretta. L’Inghilterra della Brexit non è più una possibilità, l’America stringe sull’immigrazione, l’Asia ormai è solo degli asiatici. C’è poi un terzo modo per far fronte alla situazione in cui si trova l’Italia ovvero scendere nell’illegalità: lavorare in nero, magari prendendo la nazionalità a Tonga».

Nei giorni scorsi dalla sua pagina Facebook Forchielli ha commentato la notizia della difficoltà degli operatori turistici della riviera a trovare personale per l’imminente stagione estiva. «Ragazzi, Muovete il culo!» ha esortato. Ne è scaturito un dibattito tra i suoi followers. «Il paese si è impoverito – commenta dal canto suo Forchielli -. Nel 1971 mi comprai il Gilera 125 andando a raccogliere pere e pesche. Quarant’anni fa il passaggio dallo studio al mondo del lavoro era un grande salto, con quello che si guadagnava ci si poteva permettere qualcosa. Oggi invece è un salto in giù. Si sta meglio in famiglia, te la passi meglio sul divano di casa. Il problema, però, è che se non cominci da qualche parte e se non lo fai subito, poi non lo fai più. Bisogna avere il coraggio di affrontare la vita per quanto difficile sia oggi. Niente teoria o teoremi. Questa – conclude – è solo la verità».

lo.mi.

Nella foto: Alberto Forchielli in un selfie dal Vietnam

E' uscito «Muovete il culo!», il nuovo libro dell'economista imolese Alberto Forchielli rivolto ai giovani

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