Posts by tag: emigrazione

Cronaca 10 Settembre 2019

Noi emigranti, la storia del castellano Paolo Mazzini ora chef di successo nella città giapponese di Yokohama

L’emigrazione dall’Italia per cercare fortuna altrove è un tema di grande attualità, ieri come oggi. Le storie moderne, ovviamente, differiscono da quelle di inizio Novecento, ma ad accomunarle vi è la spinta verso un cambiamento in meglio, ovunque sia. L’essere umano, del resto, è da sempre un animale che migra in cerca di condizioni di vita migliori.

Partito nel 1996 da Castel San Pietro Terme alla volta di Perth, la capitale dell’Australia occidentale, per imparare l’inglese, l’allora venticinquenne Paolo Mazzini non ha mai fatto ritorno. Grazie alla formazione come cuoco conseguita all’istituto alberghiero di Riolo Terme e alle precedenti esperienze maturate in Italia, per lui trovare lavoro all’estero non è stato difficile perché, come è noto, la cucina italiana è molto apprezzata pressoché ovunque nel mondo. Oggi il castellano vive in Giappone, a Yokohama, dove si è trasferito dopo due anni dalla prima partenza. «In Giappone ci sono ottimi ristoranti italiani – racconta -. Io ho lavorato come chef in diverse cucine, fra cui all’International hotel di Yokohama per otto anni. Poi nel 2012 sono stato coinvolto nella nuova apertura del ristorante Leone Marciano (il leone di San Marco), sempre a Yokohama, e insieme al titolare giapponese mi sono occupato di tutto, dall’arredamento ai menù proposti, che spaziano nella cucina italiana, da nord a sud. Produciamo tutto noi, dalla pasta fresca rigorosamente al matterello al pane, dai grissini alla focaccia, dai dolci al gelato».

Alcuni piatti del menu? Strozzapreti romagnoli alla salsiccia e tagliatelle alla bolognese, bagnacauda e trippa alla romana, secondi di terra e di mare ma anche formaggi. Fra i dolci tiramisù e cassata siciliana. Non manca il caffè espresso, servito per 500 yen, circa 4 euro. Un menù completo costa una sessantina di euro bevande escluse (i vini della carta sono ovviamente italiani). «Il mio sogno nel cassetto è quello di aprire una piccola trattoria come quelle bolognesi di una volta – racconta – dove l’oste si sedeva con gli ospiti per chiacchierare fino a tarda notte. Qui in Giappone la burocrazia è molto più semplice di quella italiana e magari in futuro potrebbe capitare la giusta occasione». Per il momento Mazzini non pensa all’Italia, se non talvolta per le vacanze. «Magari un giorno, quando sarò vecchio – conclude -, potrei anche decidere di tornare». (mi.mo.)

Noi emigranti, la storia del castellano Paolo Mazzini ora chef di successo nella città giapponese di Yokohama
Cronaca 4 Settembre 2018

Da Mascagni a Mascanhi, il brasiliano Izidoro chiama Medicina per ritrovare le origini italiane

Il portoghese è la lingua ufficiale del Brasile. E in tale lingua il suono biconsonantico «gn» della lingua italiana (gnu, gnocco) viene tradotto in «nh», pur conservando la medesima pronuncia, come nel caso del noto calciatore brasiliano Ronaldinho. O come nel caso del brasilo-medicinese Izidoro Mascanhi, il cui cognome originario Mascagni è diventato, nel corso del tempo, appunto Mascanhi.

«Mi chiamo Izidoro Mascanhi e sono brasiliano. Ma sono anche Isidoro Mascagni e ho molta Italia dentro di me», scriveva il protagonista di questa storia qualche mese fa su Sei di Medicina se, la pagina Facebook che raccoglie, fra le altre cose, storie e aneddoti di medicinesi di Medicina e, a quanto pare, non solo. L’intento di Mascagni-Mascanhi era quello di raccontare le sue radici per fare emergere, magari, altri dettagli della propria storia familiare.

Così, incuriositi, abbiamo preso contatto col giovane brasiliano (trentatreenne ed insegnante di portoghese), prima tramite il social network e poi scambiando e-mail in italiano, lingua preferita dall’interlocutore straniero anche perché più simile al portoghese rispetto all’inglese. E da oltreoceano è giunta fino a noi una storia ormai lontana nel tempo, ma comune a non pochi medicinesi partiti alla fine dell’Ottocento alla volta del continente americano in cerca di fortuna.

Come peraltro documentato con dovizia in “Trenta giorni di nave a vapore”, libro pubblicato nel 2010 da Lorenza Servetti, professoressa in pensione del liceo Giordano Bruno di Budrio nonché ricercatrice dell’Istituto storico Parri. Libro di cui sabato sera ha scritto in occasione di una presentazione avvenuta nello stesso anno di pubblicazione proprio a Medicina, cui hanno partecipato molti medicinesi interessati a trovare tracce dei propri antenati partiti decenni prima. Una raccolta di storie di emigrazione comprese fra il 1880 ed il 1912 e riconducibili a valle dell’Idice, Castenaso, Castel Maggiore, Molinella, Budrio ed anche Medicina.

Un capillare lavoro di ricerca da cui è emerso che almeno seicento persone sono partite da tali territori, talvolta indotte anche con l’inganno, alla volta di Stati Uniti e Brasile. «Ho trovato circa 333 medicinesi che si recarono in Brasile – ha raccontato la professoressa -. Perché proprio laggiù? Perché la schiavitù fu abolita solo nel 1888 e il Governo si trovò all’improvviso ad avere bisogno di manodopera a basso costo. Puntò sull’Italia perché era la nazione europea allora maggiormente colpita dalla crisi economica. Così il Governo brasiliano fece delle leggi apposite per favorire l’immigrazione dal nostro paese. Istituì a Genova veri e propri uffici con uomini che “battevano” le campagne alla ricerca di famiglie indigenti. Si presentavano all’uscita della messa o davanti alle osterie e promettevano un viaggio gratuito, un lavoro assicurato nelle fazende che producevano il caffè e, soprattutto, la possibilità in poco tempo di avere un lotto di terra da comprare».

Tornando a Mascanhi, non c’è modo di sapere se i suoi antenati siano partiti liberi e felici oppure perché ingannati con false promesse. «Il popolo brasiliano – ci risponde Izidoro dall’altra parte dell’oceano – è formato da diverse origini etniche: indigene, africane, asiatiche ed europee. Sono orgoglioso di essere brasiliano ma anche delle mie origini estere, perché hanno contribuito alla formazione di quello che sono, al modo in cui penso, mi nutro, vedo me stesso e perfino il mio stesso nome. Posso dire che metà del mio sangue viene dall’Italia, perché quattro dei miei otto bisnonni erano italiani. Sono venuti in Brasile per lavorare nelle piantagioni di caffè alla fine del diciannovesimo secolo e non sono mai tornati in patria, stabilendosi qui in Brasile con le loro famiglie e le loro nuove radici, ma senza mai dimenticare la cara Italia».

Mascanhi-Mascagni, grazie alla legge 91 del 1992, ha potuto richiedere al consolato italiano di São Paulo il riconoscimento della cittadinanza italiana jus sanguinis, cioè attraverso la linea di sangue, che si rifà indietro nel tempo fino a quattro generazioni. Per fare questo ha richiesto ed ottenuto i certificati di nascita del bisnonno Ercole Mascagni e di matrimonio con Teodolinda Gollinelli, la bisnonna anch’essa medicinese.

«Sarò molto orgo-glioso di essere un cittadino italo-brasiliano – dice – perché porto nel mio nome un marchio dell’Italia, un cognome tipicamente italiano. (mi.mo)

L’articolo completo è su «sabato sera» del 30 agosto

Nella foto la cartina tratta dalla rivista Limes relativa all”immigrazione italiana in Brasile

Da Mascagni a Mascanhi, il brasiliano Izidoro chiama Medicina per ritrovare le origini italiane
Cultura e Spettacoli 5 Maggio 2018

La storia degli italiani in Africa è un film, con protagonisti della vallata del Santerno

L’impero d’Africa, la cui nascita fu dichiarata da Mussolini nel maggio 1936 con la conquista dell”Etiopia e dell”attuale Eritrea, è una pagina un po’ trascurata della nostra storia e che invece intreccia temi di grandissima attualità. Il film Oltremare di Loredana Bianconi, nata nel 1954 in Belgio, è un’occasione per sbirciare oltre i luoghi comuni e vedere cosa fu il colonialismo per gli italiani che lo vissero. Nel film, che sarà proiettato questa sera, sabato 5 maggio, alle 18.30 al cinema Centrale di Imola nell”ambito di Docintour, si alternano le lettere di uno zio della regista, che per Bianconi rappresenta «le migliaia di operai italiani andati in Africa», e le testimonianze, nella forma di voci fuori campo, di Rosalba Baraccani, Gianluigi Corsini e Maria Luisa Marchi. Tutti e tre originari della Vallata del Santerno, vissuti in Africa e poi tornati alla fine del secondo conflitto mondiale.

Si tratta di un film completamente diverso da quello che era stato proiettato a Borgo Tossignano due anni fa, destinato sostanzialmente alla sola Vallata. Questa «nuova» versione di Oltremare, costata in totale ben sei anni di lavoro, è uscita ufficialmente nel 2016 e, dopo aver girato per l’Europa, ha vinto il «Best Film Yoga Award» al Biografilm Festival di Bologna,. «Non rinnego il lavoro che avevo proiettato due anni fa qui a Borgo Tossignano – spiega la regista Bianconi – era un’opera con uno suo valore ma questo è un film completamente diverso».La figura dello zio, per esempio, era assente mentre qui è un simbolo potente con il quale si empatizza e le cui lettere scandiscono lo scorrere degli eventi. Le prime missive sono datate 1937 e sono piene sia della nostalgia tipica di chi emigra sia di speranza di un futuro migliore.

Ovviamente le migrazioni sono un tema di grande attualità e Bianconi ne è ben consapevole: «Le migrazioni sono in parte qualcosa che conosco perché sono figlia di immigrati, forse addirittura nipote, e io stessa sono “un’emigrata part-time” dato che vivo in Belgio e ogni tanto torno in Italia. Per questo film sono partita da un argomento che conosco, cioè le migrazioni, ma non mi interessava riportare un fatto solo personale».

Le ragioni che l’hanno spinta a lavorare a questo progetto sono varie: affrontare un tema molto attuale, riportare alla luce una pagina spesso dimenticata della nostra storia. «L’Italia è specialista nel rimuovere e negare certe parti del suo passato. Spesso si dimentica che il nostro paese è stato, ed è, terra di partenza, prima che di arrivo». (re.c.)

L”articolo completo è sul «sabato sera» in edicola da giovedì 3 maggio

Nella foto un”immagine tratta dal trailer di Oltremare

La storia degli italiani in Africa è un film, con protagonisti della vallata del Santerno
Cultura e Spettacoli 14 Aprile 2018

«Oltremare», a Borgo Tossignano le storie di chi emigrò in Africa

Ha vinto il Biografilm Festival 2017 come miglior film italiano. E parla molto di noi, della nostra terra. Oltremare è il film di Loredana Bianconi che sarà proiettato stasera alle 20.30 alla sala polivalente di Borgo Tossignano. Il titolo indica le colonie italiane in Nordafrica, in cui molti italiani emigrarono: tra questi lo zio della regista che, nella casa di famiglia, un giorno ritrovò molte sue lettere e fotografie, spedite ai parenti e decise di raccontare la sua storia e quella di chi fece la sua stessa scelta.

Originaria di Borgo Tossignano, Loredana Bianconi ha intervistato molti borghigiani e abitanti della Vallata per farsi raccontare l’emigrazione, la vita in un Paese lontano e poi il ritorno a casa, molto spesso subito dopo la guerra, in un Paese distrutto e da ricostruire. Un emozionante viaggio nelle storie e nella storia. 

r.c.

Nella foto (dal sito del Biografilm Festival): la regista Loredana Bianconi

«Oltremare», a Borgo Tossignano le storie di chi emigrò in Africa

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