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Economia 10 Giugno 2019

Giulio Mengoli è il nuovo direttore generale del gruppo Sacmi, subentra a Claudio Marani

Dal 1° giugno il gruppo Sacmi ha un nuovo direttore generale. Si tratta di Giulio Mengoli, la cui nomina è stata ufficializzata dal Consiglio di amministrazione della capogruppo, Sacmi Imola. Mengoli subentra a Claudio Marani, che era a sua volta direttore generale dal 2016, dopo aver guidato dal 2000 al 2016 la Divisione Sacmi Ceramics.

Il neo direttore generale ha 49 anni, è padovano e vanta una lunga esperienza internazionale, con incarichi di vertice in Francia, Stati Uniti, Brasile, Svezia e Italia. In Sacmi è arrivato a novembre 2018, quando è diventato direttore generale Business units, carica ricoperta per sette mesi. Da subito ha però affiancato l’attuale management, partecipando alla definizione della governance e della pianificazione strategica di Gruppo.

«Con la nomina dell’ingegner Mengoli alla guida del gruppo Sacmi – dichiara il presidente di Sacmi Imola, Paolo Mongardi – vogliamo dare un segnale preciso nella direzione del consolidamento ulteriore della vocazione internazionale del gruppo e del rafforzamento della leadership in tutti i settori di attività». Il presidente aggiunge che tra le priorità di Sacmi nel medio termine, accanto allo sviluppo dei settori core, vi sono le tematiche della trasformazione digitale e dell’economia circolare «per offrire – conclude – prodotti e servizi sempre più personalizzati ed in linea con le reali esigenze della produzione e del mercato». (r.cr.)

Nella foto il nuovo direttore generale del gruppo Sacmi Giulio Mengoli

Giulio Mengoli è il nuovo direttore generale del gruppo Sacmi, subentra a Claudio Marani
Cronaca 2 Ottobre 2018

Intervista a Francesco Cioria, il sommelier e manager che gestisce i vini del San Domenico

A trent’anni Francesco Cioria ha già alle spalle una carriera di successo. Originario di Vallata (Avellino), paese irpino di nemmeno 3 mila abitanti, dopo il diploma all’Istituto alberghiero di Vieste ha inanellato esperienze in Italia e all’estero. Tra il 2011 e il 2012 è per la prima volta al San Domenico. «Avevo sempre sentito parlare del San Domenico – spiega – e decisi di mandare il curriculum. Sono stato io a propormi. Ho fatto un tirocinio e poi sono stato assunto come cameriere». Nello stesso periodo completa il percorso per diventare sommelier Ais. «Fino a 16 anni non bevevo vino – così racconta come è nata la sua passione -. La passione è nata dopo, durante gli anni all’Istituto alberghiero. Mi sono reso conto che esisteva anche del vino buono. Con i soldi guadagnati lavorando in pizzeria nei weekend ho cominciato a comprare bottiglie da 20-30 euro, a leggere riviste di settore, ad assaggiare, a parlare con i produttori. E’ stato un susseguirsi».

Da appassionato, il primo impatto con la cantina del San Domenico se lo ricorda bene. «Mi misi le mani nei capelli – dice sorridendo -. Davanti a tanta maestosità sono rimasto shoccato per una ventina di minuti, non avevo mai visto niente del genere…». Alla fine del 2012 riparte per l’Australia. «E” un paese bellissimo. Ma per la ristorazione è ancora un po’ “primitivo” rispetto ad altri Paesi. Anche nei ristoranti importanti, in menu non manca l’hamburger…». Alla fine del 2014, ritorna al San Domenico. Questa volta da cliente. «Ero a cena per salutare gli ex colleghi. Tra una chiacchiera e l’altra, è arrivata la proposta di occuparmi della gestione della cantina. Non me lo aspettavo. La mattina dopo ero lì per firmare il contratto». Per Cioria comincia una nuova avventura, in un ruolo mai ricoperto prima. «Ho impiegato mesi per prendere conoscenza di tutto il patrimonio enologico. Ho catalogato bottiglia per bottiglia. E nel tempo sono arrivato ad assaggiare il 90 per cento di quello che abbiamo».

E i riconoscimenti non tardano ad arrivare. Nel 2016 viene nominato «Miglior sommelier d’Italia» nell’ambito del Best Italian wine awards, mentre quest’anno si è aggiudicato il premio speciale Dire fare sognare, promosso da Partesa (gruppo Heineken Italia). Il 5 ottobre invece riceverà a Parma il titolo di «Ambasciatore dello champagne», assegnato dal Comité Champagne allo scopo di mettere in luce le professionalità in grado di meglio far conoscere e apprezzare questo tipo di vini. Sotto al San Domenico c’è un tempio consacrato al dio Bacco. Antiche stanze in mattoni a vista e volte a botte, che custodiscono un patrimonio enologico unico nel suo genere, esclusivo tanto quanto il famoso ristorante stellato a cui appartiene. Da quattro anni il «custode del tempio» è il giovane sommelier Francesco Cioria. E’ lui a raccontarci l’importanza di questo luogo.

Quali sono le peculiarità della cantina che gestisce?

«Il San Domenico esiste dal 1970. Ha quindi alle spalle quasi 50 anni di storie, collezioni e acquisti. Abbiamo un totale di circa 12 mila bottiglie e 1.800 etichette. Contando anche i distillati, il numero sale a più di 2 mila etichette. In Emilia Romagna non credo ci siano altre cantine come questa e in Italia ce ne sono poche. Oggi solo i ristoranti storici possono permettersi di averne una simile. Per i ristoranti più recenti immobilizzare un certo capitale da destinare al vino è più complicato».

A proposito di capitale, è possibile quantificarne il valore?

«E’ difficile fare una stima effettiva. Spesso sono bottiglie acquistate diversi decenni fa, a un prezzo che ad oggi non è più lo stesso. Il 35 per cento della nostra collezione è costituita da pezzi che hanno più di vent’anni». 

lo.mi.

L”articolo completo su «sabato sera» del 27 settembre.

Nella foto; Francesco Cioria, sommelier e responsabile della cantina del «Ssan Domenico».

Intervista a Francesco Cioria, il sommelier e manager che gestisce i vini del San Domenico

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