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Imola 29 Marzo 2023

Da Imola a Ozzano, marchio De.Co. per albicocca reale, ricciola, garganello, imbutini e mela rosa

Ci sono anche cinque prodotti agroalimentari del nostro territorio (sui sei individuati) tra quelli legati alla tradizione, lavorazione e cultura locale che hanno ricevuto il marchio di Denominazione comunale d’origine (De.Co.) da parte del Comune di Bologna. Si tratta, per Imola, dell’albicocca reale, della ricciola, tipico prodotto da forno, e del garganello, la pasta all’uovo con ricetta depositata. E ancora, gli imbutini di Ozzano, tipo di pasta di semola, e la mela rosa romana, frutto antico dell’appennino.

«Abbiamo deciso di aderire a questo brand perché crediamo sia una ulteriore opportunità per il nostro territorio di valorizzare le attività e i prodotti agro-alimentari, oltre a essere un altro strumento per la promozione dell’immagine fa sapere Pierangelo Raffini, assessore all’Agricoltura del Comune di Imola -. È un’occasione per estendere al settore commerciale una possibilità di caratterizzazione in più, perché attraverso questo brand, i nostri prodotti potranno rendersi anche più distintivi. Abbiamo registrato i primi tre prodotti, ma ne abbiamo già individuati altri sei che inseriremo nei prossimi anni». (r.e.)

Nella foto: l’albicocca reale di Imola

Da Imola a Ozzano, marchio De.Co. per albicocca reale, ricciola, garganello, imbutini e mela rosa
Economia 31 Gennaio 2023

Ricciole e savoiardi DeCo, Imola e Castel San Pietro puntano sulle certificazioni di tipicità

Valorizzare un territorio anche grazie ai prodotti enogastronomici. È quanto promettono di fare i DeCo e ne sono fortemente convinti i Comuni di Imola e Castel San Pietro. Una DeCo, diversamente da Dop o Igp, veri e propri marchi europei di qualità per i prodotti, è una attestazione di tipicità legata ad un territorio comunale, può riguardare una ricetta, un prodotto tipico artigianale oppure un’attività tradizionale. Le Denominazioni comunali sono nate nel 1990 grazie alla Legge 142, che consente ai Comuni italiani di disciplinare in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali; normalmente il regolamento-tipo è quello predisposto dall’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) che estende il riconoscimento anche a feste e saperi tradizionali.

Imola e Castel San Pietro hanno così colto la palla al balzo. «Abbiamo sfruttato l’opportunità – spiega l’assessore alle Attività produttive di Imola, Pierangelo Raffini – e deciso, per cominciare, di chiedere la registrazione di tre prodotti che identificano l’imolesità: il garganello, la pasta salata Ricciola e l’albicocca Reale di Imola». «Stiamo scrivendo il regolamento con le caratteristiche che devono avere i tre prodotti tipici che abbiamo scelto per il nostro territorio – racconta invece il sindaco castellano, Fausto Tinti -, parliamo del savoiardo di Castel San Pietro, del castrato e del formaggio Castel San Pietro». (al.giov.)

Approfondimenti su «sabato sera» in edicola.

Nella foto: l’assessore del Comune di Imola con la salata Ricciola

Ricciole e savoiardi DeCo, Imola e Castel San Pietro puntano sulle certificazioni di tipicità
Economia 21 Novembre 2018

Sui colli di Varignana l'oliveto più grande dell'Emilia Romagna che nel 2020 raggiungerà i 110 ettari coltivati

Quello che a regime diventerà l’oliveto più grande dell’Emilia Romagna e forse di tutto il nord Italia si trova sulle colline castellane. Ne è titolare Agrivar, l’azienda agricola della società Palazzo di Varignana a sua volta controllata dal colosso dei servizi informativi bancari Crif, che ha destinato a oliveto 110 ettari dei propri terreni, per lo più limitrofi all’omonimo resort di via Ca’ Masino.

In misura minore qui si coltivano anche vigna, orto e frutteto, i cui prodotti sono destinati sia alla ristorazione all’interno del resort sia alla vendita. Palazzo di Varignana ha però deciso di puntare in modo consistente sull’olivicoltura per vari motivi. «Innanzitutto – ci spiega Chiara Del Vecchio, alla direzione delle Risorse umane e dell’organizzazione interna di Palazzo di Varignana – perché siamo innamorati dell’Oro verde, che è il re dei condimenti della tradizione culinaria mediterranea. Negli ultimi anni, grazie anche al supporto della scienza medica, si è giunti alla consapevolezza delle qualità salutistiche dell’extravergine di oliva, che sempre più viene utilizzato da popolazioni al di fuori dell’area mediterranea, le cui culture gastronomiche prevedono utilizzo di grassi saturi. Abbiamo in questo modo ripreso un’antica coltivazione che, da ricerche bibliografiche, era presente a Varignana fino alla seconda metà del 1700. In seguito a studi e ricerche effettuate con il supporto dei nostri tecnici, relativamente alle caratteristiche pedoclimatiche di questo territorio, abbiamo selezionato le cultivar maggiormente vocate e a esso adattabili. Coltiviamo in prevalenza varietà autoctone quali Ghiacciola e Nostrana, oltre a Maurino selezione Vittoria, Leccio del Corno, Grignano e gli impollinatori Pendolino e Verzola. Il nostro progetto prevede la produzione di extravergine di eccellenza, da far degustare nei nostri ristoranti e da commercializzare attraverso i nostri shop e la piattaforma di e-commerce sul sito www.palazzodivarignana.com, quest’ultima al momento disponibile solo per l’Italia, ma a breve anche per tutta Europa, perché vogliamo che il nostro progetto diventi di portata internazionale. In seguito alla bella esperienza del “temporary store” in galleria Cavour a Bologna, che ci ha dato tante soddisfazioni e visibilità, abbiamo inoltre riproposto lo stesso format con il punto vendita di Palazzo di Varignana a Milano Brera, che sarà aperto fino al prossimo 31 marzo».

Il progetto agronomico messo in campo da Agrivar è ambizioso. «Ad oggi – prosegue – gli ettari già completati sono 70, con 34 mila piante. Completeremo le piantumazioni nel 2020 per raggiungere il regime produttivo nel 2023-2024. A regime l’estensione degli oliveti sarà di 110 ettari. La stragrande maggioranza di essi si trova a Varignana. Abbiamo anche un podere sulla via Malvezza nel quale abbiamo realizzato un impianto intensivo di oliveto con 900 piante per ettaro». (lo.mi.)

L”articolo completo è su «sabato sera» del 15 novembre

Nella foto gli olivi di Agrivar sui colli di Varignana

Sui colli di Varignana l'oliveto più grande dell'Emilia Romagna che nel 2020 raggiungerà i 110 ettari coltivati

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