Durante l’ultima campagna elettorale imolese diverse forze politiche hanno riproposto la necessità di portare in capo all’ente pubblico le gestioni di servizi strategici come quelli del ciclo idrico e dei rifiuti. Gestioni peraltro molto complesse e onerose. E’ importante ricordare da dove arriva l’acqua dei nostri rubinetti e dove va a finire l’acqua reflua che esce dagli scarichi di casa; aspetti non secondari, ma che spesso vengono dati per scontati. In queste pagine proponiamo quindi un approfondimento, nell’intento di fare cosa utile per i nostri lettori e la nuova amministrazione comunale.
Le fonti di approvvigionamento idrico del circondario sono diversificate. «Il comune di Imola e una parte del territorio del comune di Dozza – dettaglia Hera, la società per azioni, a maggioranza pubblica, che gestisce il ciclo idrico nel circondario – utilizzano acqua di falda proveniente dal territorio imolese. Un’altra parte del comune di Dozza utilizza acqua da pozzi. A Castel del Rio il 90 per cento dell’acqua distribuita proviene da sorgenti, il restante 10 per cento è acqua di superficie del fiume Santerno opportunamente potabilizzata (nel periodo estivo l’acqua di superficie può raggiungere il 30-40 per cento). A Castel San Pietro, Medicina, Castel Guelfo, Mordano viene utilizzata acqua proveniente dai bacini di Bubano, che sono alimentati dal Canale emiliano romagnolo (Cer) e dal fiume Santerno. A Borgo Tossignano, Fontanelice, Casalfiumanese l’approvvigiona-mento è effettuato direttamente dal Santerno, con accumulo di acqua nei bacini di Rineggio, che hanno una capacità di 80 mila metri cubi d’acqua».
La gestione dell’intero ciclo idrico è frutto di un processo industriale complesso. «I trattamenti di potabilizzazione – si legge nel report “In buone acque”, pubblicato sul sito del gruppo Hera – sono finalizzati a rendere l’acqua conforme ai requisiti previsti per gli usi potabili, migliorandone gli aspetti organolettici (colore, odore, sapore), chimici (ad esempio effettuando la rimozione di ferro e manganese) e microbiologici (ad esempio, il batterio Escherichia coli)».
La disinfezione è lo stadio di trattamento finale. «Agisce sulla componente microbiologica residua – spiega Hera – e assicura l’assenza di microrganismi patogeni. E’ effettuata con prodotti a base di cloro, che consentono di man-tenere un residuo di disinfettante lungo tutta la fase di distribuzione».
Un sapore che spesso spinge gli utenti a preferire l’acqua in bottiglia. «Affinché l’acqua perda l’odore e il sapore derivanti dalla presenza di cloro – questo il sug-gerimento – è sufficiente lasciare l’acqua in una brocca, in modo da consentire al cloro di volatilizzarsi gradualmente. E’ preferibile inoltre consumarla fredda, dato che l’acqua a bassa temperatura risulta più gradevole».
Le analisi vengono effettuate sia dal gestore sia dall’Azienda Usl, che per legge effettua controlli di routine e di verifica su 51 parametri chimico-fisici e microbiologici.Le acque provenienti da sorgenti e pozzi profondi necessitano di minori trattamenti di depurazione. «In genere – prosegue il report – si tratta di trattamenti semplici (ad esempio sedimentazione, filtrazio-ne e disinfezione), in quanto queste acque beneficiano dei fenomeni naturali di “auto-depurazione”, che avvengono durante la filtrazione dell’acqua nel terreno e negli strati del sottosuolo. Le acque superficiali e alcune acque di falda, specie quelle di pianura, a causa delle loro caratteristiche e della loro vulnerabilità a inquinamenti accidentali, richiedono filiere di trattamento complesse, comprendenti in genere molte o tutte le fasi sopra descritte. In alcune acque di falda è necessario eettuare trattamenti per la rimozione di inquinanti di origine naturale, quali ammonio, ferro e manganese, e di origine antropica, i più comuni dei quali sono i composti organo-alogenati». (lo.mi)
L’articolo completo è su «sabato sera» del 23 agosto