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Ragazzi e bambini a teatro al Magazzino Verde di Medicina

Continua la programmazione del Magazzino Verde di Medicina, lo spazio nel cuore del Parco delle Mondine dedicato al teatro per bambine, bambini, famiglie e le scuole. Questa sera, giovedì 7 marzo alle 21, è in scena InRete de La Baracca-Testoni Ragazzi, rivolto a chi ha più di 11 anni: uno spettacolo di Gabriele Marchioni ed Enrico Montalbani che vuole raccontare una nuova dimensione dell’adolescenza, tutta online. Quattro giovani interpreti (Matteo Bergonzoni, Margherita Molinazzi, Lorenzo Monti e Chiara Tomesani) portano in scena diversi modi di relazionarsi al web e alla tecnologia, dando vita a uno spettacolo corale sulle possibilità e i rischi dell’iper-connessione, toccando anche il delicato tema del cyber-bullismo.

Domenica 10 marzo alle 16.30, invece, i bambini e le bambine da 1 a 5 anni (ma non solo) e le loro famiglie potranno assistere a Viaggio di una nuvola, spettacolo de La Baracca-Testoni Ragazzi. Si tratta di un racconto teatrale a punti di vista alternati, che parte guardando il cielo dal basso per proseguire raccontando la terra dall’alto. L’impossibilità di fermarsi delle nuvole diventa un pretesto narrativo per immaginare quello che le nuvole vedono dall’alto, quanti paesaggi e luoghi diversi possono attraversare, in un lungo viaggio attraverso il mondo che sarebbe bello poter ascoltare.

Biglietto: intero 6 euro, ridotto 5 euro (under 14, soci Coop Reno). È possibile acquistare i biglietti online su www.medicinateatro.it. In caso di esaurimento dei posti disponibili online, un’ultima quota dei biglietti sarà disponibile per l’acquisto solo a teatro, immediatamente prima dello spettacolo.

Nella foto Viaggio di una nuvola

Ragazzi e bambini a teatro al Magazzino Verde di Medicina
Cultura e Spettacoli 26 Gennaio 2019

Misteri, paure e amore nel romanzo di Gabriella Pirazzini ambientato all'isola d'Elba

«L’isola non ha sapore. Odore, questo sì. Odore del vento che trapassa eucalipti e agavi, facendo ondeggiare fin nelle chiome le palme. E poi le bandiere. Degli hotel, dei residence, delle case. Bianco blu e verde i colori, e il mare su cui si riflette il grigio delle nubi, a strisce variegate, un po’ bianche dove il sole vorrebbe buttarsi fuori. E poi il rumore. Rumore delle onde, banale, ma c’è. Forte. Onde piccole sulla sabbia, onde larghe al largo, increspature ricorrenti e continue sospinte dal vento che si acuisce, e fa venire la pelle d’oca sulle gambe nude. Rumore del mare che fracassa la riva. E poi rumore del caterpillar intento al ripascimento del litorale, per ricolmare la mareggiata di due giorni fa. Due giorni fa io non ero qui». Ti fa tuffare immediatamente dentro alla storia, con uno sguardo che disegna velocemente e profondamente il panorama per poi convergere sul protagonista, l’inizio del nuovo romanzo di Gabriella Pirazzini, La misura (Giraldi editore). Nuovo e primo, in quanto la nota giornalista imolese – che per anni ha guidato Con i piedi per terra su Telesanterno e ora segue Con i frutti della terra che è una produzione Tam Tam Videopro in onda su Trc – finora si era dedicata con successo ai racconti ma non aveva mai dato alle stampe un romanzo.

Lo fa con questa storia profonda e delicata, dove le parole coinvolgono portando con loro sentimenti, introspezioni, dubbi e aneliti di speranza, e poi si fermano, concentrando l’attenzione su un momento, uno sprazzo di luce o un abisso più fondo, disegnando la vita. È la storia di una vacanza che, improvvisamente, evidenzia disagi e malesseri, apre prospettive, crea possibilità. È il racconto di una relazione, che si modifica e cresce, si arrotola su se stessa, sembra ripartire, ma chissà… È uno sguardo sull’interiorità degli uomini e delle donne, sulle loro paure, sulle loro speranze, sul destino a cui non si può sfuggire. Forse. Ed è anche un mistero da scoprire, un intrigo da svelare, un segreto che spunta e colpisce. Un libro che si legge chiedendosi con curiosità come andrà a finire, e che al contempo invita a riflettere, a interrogarsi su dubbi e insoddisfazioni su cui nella vita, prima o poi, si inciampa. E, a proposito di come finirà, bisogna prestare attenzione agli ultimi capitoli perché le possibilità, nella carta stampata come nella realtà, sono sempre numerose, e Gabriella Pirazzini trova un modo intelligente e curioso per mostrarlo.

«È nato come un finto romanzo – racconta quando la incontriamo, davanti ad un caffè -: le prime dieci righe sono nate all’isola d’Elba, dove ero andata a trovare un’amica. Le ho scritte d’impulso, di getto, con emozione. Poi, con il tempo, ci sono tornata sopra e ho immaginato una storia, quella di un francese attratto dall’isola d’Elba, che poi diventa il protagonista del romanzo. Avevo anche pensato di scrivere la storia di Etienne alternata a quella di un altro francese, che all’Elba c’è stato in esilio, Napoleone, immaginando i suoi giorni sull’isola».

Di Napoleone però non c’è traccia.

«No, perché scrivendo ho preso un’altra strada. Ho sviluppato molto Etienne, che è diventato il protagonista, ma ho dato vita anche ad altri personaggi, come la moglie di Etienne, e un’altra donna (di cui non sveliamo troppo, Ndr) che all’inizio era marginale ma è diventata via via centrale. Sono stati importanti anche i consigli che mi hanno dato Marilù Oliva, che avevo conosciuto anni fa e che ha scritto la prefazione al romanzo, e la mia editor Silvia Fraccaro che ha vissuto la storia insieme a me. È stato un lavoro lungo e attento».

Il romanzo mette lo sguardo dentro ad una coppia, tra difficoltà, ferite, rancori, gioie, amore, speranze, inglobando poi chi sta attorno a loro.

«È un romanzo di relazione, poiché racconta la difficoltà di una coppia alle prese con un nodo irrisolto».

E c’è un momento importante: il viaggio, che porta ad una svolta di vita.

«Il viaggio determina sempre un cambiamento. Qui, poi, porta e trovare il proprio passato e il proprio senso».

Un tema importante, di cui scrivi in tante sfaccettature e contrari, è la paura: paura di essere solo, di amare, di andare, di restare, di crescere, di rimanere bloccati, di trovare risposte, di non trovarle…

«È un tema fondamentale. Cristina Valenti, che mi ha presentato a Bologna, ha detto che “paura” è la parola più presente nel romanzo… le ha contate!», ride.

Proprio perché le sfaccettature della vita sono infinite… un finale non bastava?

«Il finale della prima versione del romanzo era uno, il primo dell’ultimo capitolo, quello che spinge alle ricerche per annientare i segreti. Ma poi ho continuato a pensare e sono nati altri due epiloghi, per cui ho voluto pubblicarli, per lasciare un finale aperto, e sottolineare come segreti e bugie lascino sempre tracce indelebili. Nel romanzo, è il personaggio maschile quello che si interroga di più, anche se in realtà ognuno cerca la salvezza, benché a volte lo facciano con bugie o stratagemmi».

L”articolo completo è sul «sabato sera» in edicola da giovedì 24 gennaio

Nella foto (di Isolapress) Gabriella Pirazzini con il suo libro «La misura»

Misteri, paure e amore nel romanzo di Gabriella Pirazzini ambientato all'isola d'Elba
Cronaca 15 Ottobre 2018

A piedi per un mese sulle Ande: l'esperienza di Enrico Dolla che ha sfidato in Perù i disagi dell'altitudine

Un mese di escursione in Perù, tra le montagne e i piccoli paesini che profumano di tradizione antica. Questo è quello che ha vissuto Enrico Dolla, 46enne imolese che lavora come responsabile della sicurezza presso il Consorzio Solco, ma nel cui sangue scorre la passione per l’avventura, i viaggi e la natura. «Faccio arrampicate da quando avevo 15 anni e trekking sia in solitaria che in gruppo da quando ne avevo 20. La prima meta è stata la Lapponia, da cui sono rimasto affascinato – racconta Dolla -. Sono di origini piemontesi, dunque ho una passione per la montagna. Mi piace viaggiare in qualsiasi parte del mondo, perché in questo modo ci si mette in discussione e si può riflettere sulle diversità tra le culture, traendone insegnamenti che aiutano a crescere».

L’imolese ha trascorso una vacanza alternativa, partendo con l’organizzazione «Avventure nel Mondo», la quale propone viaggi legati all’escursionismo, ma anche comode vacanze per famiglie alle Maldive, ad esempio. L’avventura è iniziata il 4 agosto all’aeroporto di Milano, dove un gruppo di 10 persone che non si conoscevano è partito alla volta della Cordigliera delle Ande, per tornare a fine mese con un pieno di esperienza e ricchezza culturale. «La cordigliera è denominata nera dal lato del Pacifico e bianca dal lato dell’entroterra – spiega Dolla -. Da una parte cime bianchissime, dall’altra massicci neri come la pece. Siamo atterrati a Lima, facendo prima scalo a Houston e New York, arrivando infine in bus a Huaraz, dal lato della cordigliera Nera. Il paese è situato a 3.000 metri di altitudine e ci siamo fermati lì un giorno per l’acclimatamento, ovvero abituarsi all’aria rarefatta, prima di procedere con il trekking sulla cordigliera».

Durante la notte il fisico subisce di più l’influenza dell’altitudine, la quale può causare anche insonnia. In Perù inoltre in quel periodo è inverno, dunque nelle ore buie la temperatura può scendere anche sotto lo zero. Mercoledì 8 agosto è iniziata poi l’avventura vera e propria, che prevedeva un percorso ad anello della durata di 14 giorni intorno alle montagne peruviane più importanti, trascorrendo le notti in tenda, dal momento che in quella zona non ci sono paesi. «Ci siamo attrezzati con uno zaino da 15 kg ciascuno che conteneva vestiti e un sacco a pelo. Poi le guide con i loro muli hanno portato quotidianamente per noi le tende e il cibo, visto che anche solo camminare a 4.000 metri d’altezza causa le stesse sensazioni della febbre, in quanto c’è poco ossigeno disponibile. Questa è la difficoltà più grande da affrontare durante il trekking – spiega Dolla -. I primi tre giorni sono i più faticosi e un altro grande problema è che ad alta quota non si percepisce la sete, ma è fondamentale bere almeno 3 litri di acqua al giorno».

Il gruppo ha percorso un totale di 120 km a piedi ad un’altitudine compresa tra i 4.000 e i 5.000 metri. Gli escursionisti hanno camminato sull’Alpamayo, considerata la montagna più bella del mondo, e sul Huascarán, quella più alta del Perù, che si eleva per 6.768 metri. Il terzultimo giorno di trekking un membro ha preso una forte distorsione e in quest’occasione si è visto lo spirito di gruppo. «Ci siamo fermati e l’abbiamo portato a turno in spalla – racconta Dolla -. In seguito, mentre scendevamo verso valle, abbiamo intercettato un peruviano in automobile e il nostro sfortunato collega è stato portato all’ospedale». (se.zu.)

L”intervista completa è su «sabato sera» dell”11 ottobre

Nella foto Enrico Dolla durante il viaggio in Perù

A piedi per un mese sulle Ande: l'esperienza di Enrico Dolla che ha sfidato in Perù i disagi dell'altitudine
Cronaca 16 Settembre 2018

Il viaggio dei coniugi imolesi Palladini, 400 km a piedi tra i mari scozzesi

400 chilometri a piedi, con lo zaino in spalla a fine luglio, da Hopeman, sulla costa del Moray, per arrivare sulle rive occidentali dell’isola di Iona, in faccia all’Oceano Atlantico, in 14 tappe consecutive. E” questo il viaggio dei coniugi Paolo Palladini e Gigliola Mongardi in Scozia, nelle Highlands, attraverso un percorso che da nordest, dal Mare del Nord, corre trasversalmente, in direzione sudovest, fino all’Oceano Atlantico. Dalle coste del Moray, sul Mare del Nord, si raggiunge l’arcipelago delle Inner Hebrides, sull’Oceano Atlantico, attraversando tutta la Scozia. La via si snoda tra i monti delle Highlands centro-occidentali ed è impreziosita dalla sequenza di grandi laghi, di boschi di pini, di brughiere fiorite. 

Il primo lago che si incontra procedendo verso sudovest è il Loch Ness, noto in tutto il mondo per «Nessie», come viene affettuosamente chiamato dagli scozzesi il mostro che, si dice, vive all’interno delle sue acque. A Drumnadrochit, uno dei piccoli borghi che si affacciano sul Loch Ness, c’è addirittura un museo nel quale è documentata tutta la storia di «Nessie». Se il mostro del Loch Ness è il protagonista della prima parte della Via della Grande Valle, la catena del Ben Nevis, la montagna più alta della Gran Bretagna, domina la scena nella seconda parte. Il Ben Nevis è alto poco più di 1.300 metri, si è formato a seguito di eruzioni vulcaniche e le sue pareti nord, resti dell’interno del cratere, sono verticali. Una vecchia strada militare che parte da Fort William, ai piedi del Ben Nevis, consente di salire in quota, di aggirare la catena montuosa e di scendere nella valle di un altro lago, il Loch Leven, stretto e pittoresco come un fiordo. La via si snoda in mezzo alle montagne, in un ambiente tipico delle Highlands, con pendii ricoperti di eriche e muschi lungo i quali scorrono ruscelli di acqua limpida.

La strada che costeggia il Loch Leven conduce verso la costa occidentale, alle porte dell’Oceano Atlantico. L’arcipelago delle Inner Hebrides fa da corona a questa parte delle coste scozzesi. Iona è l’ultima isola dell’arcipelago, la più a ovest di tutte, quella che si affaccia direttamente sull’oceano. E” da sempre considerata dagli scozzesi lo scrigno sacro della nazione. Sull’isola, di fianco all’abbazia, furono sepolti molti re scozzesi. Dalla costa occidentale di Iona lo sguardo può correre lontano, verso l’ultimo orizzonte sull’Oceano Atlantico. Qui ha termine questa lunga via tra i due mari. 

r.c.

La storia completa su «sabato sera» del 13 settembre.

Nella foto: l”arrivo dei due camminatori imolesi sull”Oceano Atlantico

Il viaggio dei coniugi imolesi Palladini, 400 km a piedi tra i mari scozzesi
Cultura e Spettacoli 6 Aprile 2018

Castello ricorda Andrea Bugamelli con una mostra fotografica

Appassionato di fotografia, assessore alla Cultura e alla Pace a Castel San Pietro dal 2004 al 2007, project manager presso Ima, Andrea Bugamelli muore nel settembre 2012 a soli 34 anni a causa di un incidente in moto. A lui oggi viene dedicata una mostra che lo vuole ricordare: In viaggio con Buga è una collettiva fotografica che si terrà a Castello dal 6 al 22 aprile, nella saletta espositiva in via Matteotti 79.

Nata da un’idea dei partecipanti ai corsi di fotografia che Bugamelli aveva tenuto nel 2010, è sostenuta dall’azienda Ima di Ozzano dell’Emilia e dal Comune di Castel San Pietro e riunisce gli scatti più significativi dei partecipanti ai corsi, raccolti in tre sezioni: Persone, Luoghi e Natura. «Uno degli aspetti che preferisco della fotografia è condividere le esperienze. Per questo ho deciso di organizzare corsi amatoriali e workshop di fotografia digitale»: sono le parole di Andrea Bugamelli che fanno da sottotitolo alla mostra, parole che sottolineano, prima ancora della passione per la fotografia, il desiderio di farne uno strumento di crescita sociale.

Dopo alcuni anni dalla forzata interruzione dell’esperienza, insieme alla volontà di riprendere il percorso formativo allargato a nuovi appassionati, è nato questo progetto per presentare alla città il nucleo dell’attività cui Andrea Bugamelli aveva dato vita. «Un’operazione culturale di grande valore non solo artistico – sottolinea l’assessore alla Cultura, Fabrizio Dondi -, ma emblematica di un rapporto virtuoso fra individuo e comunità, che vuole testimoniare di come tutta una collettività abbia tratto beneficio dall’attività di un singolo, che ha lasciato affetti e seminato passioni che continuano a germogliare».

«In Andrea Bugamelli, il “Buga”, è facile ritrovare l’amico leale, il professionista serio, il politico appassionato, lo studioso, il marito e il padre affettuoso, lo sportivo impegnato, l’artista curioso, creativo e trascinatore» scrive nel catalogo della mostra Vincenzo Zacchiroli, sindaco quando Bugamelli fu assessore. E ancora: «E curiosando nel suo blog, tra le sue foto, quelle dei suoi workshop, Buga si rifà vivo e si svela come vero amico della città… quella dietro casa e quella nella quale amava curiosare per scoprire forme, colori, luci, ombre, sfumature, volti, tracce di vita, sempre più lontano alla ricerca del nuovo, di uno stupore che si fa più intenso ad ogni scoperta».

L’inaugurazione della mostra «In viaggio con Buga» si tiene venerdì 6 aprile alle ore 18. La mostra sarà aperta nei weekend del 7/8, 14/15 e 21/22 aprile dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19.

r.c.

L”articolo completo su «sabato sera» del 5 aprile.

Nella foto: Andrea Bugamelli in una foto che si trova nel catalogo della mostra

Castello ricorda Andrea Bugamelli con una mostra fotografica
Cronaca 13 Marzo 2018

Ai medicinesi piace l'idea del «night bus» per tornare da Bologna

Medicina promuove il bus notturno (night bus) della linea 242 che, a partire dal 16 settembre 2017 (e almeno fino al 7 giugno), tutti i sabati sera collega Medicina (partenza da via Libertà e fermata anche a Villa Fontana) a Bologna (capolinea in piazza dei Martiri) passando per Molinella, Budrio e Castenaso.

Da Medicina le corse partono alle 20.15 (arrivo a Bologna alle 21.50) e alle 0.30 (arrivo all’1.05), da Bologna alle ore 23 (arrivo a 0.22) e all’1.15 (arrivo alle 2.38). «Finora ciascuna delle due corse del rientro è stata utilizzata da un minimo di 5 fino a un massimo di 15 passeggeri di Medicina» fanno sapere da Tper. In pratica, significa che ogni sabato sono da 10 a 30 i medicinesi che scelgono questo servizio, pensato per i giovani che non hanno ancora la patente o non hanno voglia di guidare, magari dopo aver bevuto. Forse il viaggio è più lungo rispetto a quello sulla propria auto, ma è anche un modo per conoscere nuove persone e rilassarsi dopo una serata passata nei locali, senza trasformare i propri genitori in autisti. «Il passaparola sta funzionando bene e pensiamo sia un servizio da portare avanti – commenta il vicesindaco Matteo Montanari –. Tra l’altro, rientriamo in un vecchio accordo che gli altri comuni avevano già con Tper, quindi per noi si tratta di una spesa davvero piccola, circa 2.500 euro all’anno».

Si presenta diverso, invece, il caso della linea 115 che da metà settembre, dal lunedì al sabato (tranne il mese di agosto), collega Medicina alla stazione ferroviaria di Castello. La linea, attivata in via sperimentale fino alla fine del 2018, è composta da 7 corse all’andata e altrettante al ritorno che impiegano 15 minuti a collegare via Libertà con la stazione dei treni castellana, passando per la via San Carlo. «Sono state fatte alcune correzioni sull’orario per calibrare meglio le coincidenze con i treni» aggiorna Montanari. I dati forniti da Tper parlano di «una media di 15 persone al giorno suddivise in tutte le corse che da Medicina vanno in stazione, con punte massime di 19 passeggeri», per lo più studenti che al mattino devono prendere il treno per Bologna o Faenza. «Sono numeri non soddisfacenti – non nasconde il vicesindaco –. Tuttavia, serve tempo per far decollare un servizio come questo, anche perché quando è stato attivato qualcuno magari aveva già acquistato l’abbonamento al bus. La nostra intenzione è comunque quella di finanziare e prorogare il servizio almeno fino alla fine del mandato nel 2019. Nel frattempo, avvieremo un confronto con Regione e Città metropolitana per capire se ci sono i margini per sostenere i costi all’interno del Pums (Piano urbano per la mobilità sostenibile) o per trovare sinergie con l’outlet di Poggio Piccolo».

gi.gi.

L”articolo completo su “sabato sera” dell”8 marzo

Nella foto: un autobus davanti alla stazione di Castel San Pietro

Ai medicinesi piace l'idea del «night bus» per tornare da Bologna

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