Agripat fissa la soglia minima del prezzo della patata bolognese
Sulle tavole imbandite per le feste non sono certo mancate le patate, ingredienti versatili per contorni e primi piatti. Nel territorio bolognese questo tubero originario delle Ande viene coltivato dall’inizio dell’800 e proprio quest’anno sono stati celebrati i 200 anni dalla diffusione in zona di questa coltura, introdotta, pare, anche per sfamare le truppe napoleoniche che transitavano nelle campagne del bolognese.
Ma il 2017 resterà significativo anche per un altro aspetto che ha contribuito a rafforzare il peso dei tanti produttori, presenti anche nel circondario imolese soprattutto nella bassa (Medicina, Castel Guelfo, Castel San Pietro e Ozzano). A fine ottobre, infatti, è nata Agripat, organizzazione che riunisce al suo interno i produttori associati in precedenza alle due distinte realtà del settore Assopa e Appe.
Oggi Agripat, con sede a Villanova di Castenaso, rappresenta circa il 10 per cento del mercato italiano e vede tra gli associati il Consorzio patata italiana di qualità, che annovera tra i suoi prodotti le celebri patate al selenio Selenella, così come il Consorzio di tutela della patata di Bologna Dop.
In cifre. Agripat è costituita da 1.023 agricoltori, di cui 266 associati direttamente e 757 attraverso le cooperative aderenti, per un totale di 2.555 ettari coltivati: quelli in provincia di Bologna sono 1.718, i restanti nelle province di Ferrara e Ravenna. “Non si tratta di un semplice maquillage – puntualizza il medicinese Michele Filippini, presidente di Agripat -. Con la nuova denominazione vogliamo dare massimo rilievo alla rappresentatività della nostra organizzazione, per assumere ancora più peso nella filiera“.
La forza e il peso specifico del “sistema Bologna” risultano determinanti nel momento in cui la Borsa della patata, che vede riuniti attorno allo stesso tavolo i rappresentanti dei produttori e dei confezionatori, stabilisce anno per anno i prezzi delle patate emiliano romagnole. “Quest’anno, per la prima volta – prosegue il presidente di Agripat – è stata fissata una soglia minima, al di sotto della quale non si potrà andare: 18 centesimi al chilo. Per noi è una conquista”.
Se però si considera il prezzo a cui le patate vengono poi vendute al consumatore, specie dalla grande distribuzione (in media 80 centesimi al chilo, prezzo che può arrivare anche a 1 euro e 50 per le patate più blasonate) resta il tema dell’alto divario rispetto a quanto percepito dai produttori, problema che si accentua nelle annate negative come quella del 2017. “Quest’anno è partito malissimo – conferma Filippini – ma rispetto alle fasi iniziali ci aspettiamo una buona remunerazione. Lo scorso anno, ad esempio, i produttori hanno ricevuto dai 23 ai 25 centesimi al chilo. Entro il 15 gennaio si saprà con esattezza quanto percepiranno nel 2017”.