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Cevico,
Economia, News
3 Gennaio 2018

Cevico, da vino di massa a vino di qualità col nuovo presidente Marco Nannetti (intervista)

“Puntiamo su innovazione e qualità per dare maggiore valore aggiunto ai nostri soci, con particolare riferimento all’export. L’obiettivo nei prossimi dieci anni è di arrivare ad imbottigliare tutto il nostro vino. Per fare ciò servono alleanze per andare all’estero, crescere in Italia e lavorare tutti insieme sulla qualità percepita del vino romagnolo”. Marco Nannetti, eletto a dicembre presidente di Cevico al posto di Ruenza Santandrea, ha le idee chiare su come fare a sviluppare nei prossimi anni il consorzio vitivinicolo che raggruppa oltre 5.000 piccoli viticoltori (con una dimensione media tra gli 1,7 e gli 1,8 ettari di vigneto).

Dunque lavorerà per concludere il percorso di imbottigliare tutto il vino dei soci?

“Negli ultimi dieci anni Cevico ha lanciato l’imbottigliato e quest’anno superiamo i 720.000 ettolitri. Nei prossimi dieci vogliamo raggiungere il 100 per cento della produzione. Vogliamo ottenere un maggiore valore aggiunto e con l’imbottigliato lo otteniamo grazie a un rapporto più solido col mercato figlio di un grande lavoro sulla qualità. Abbiamo vini d’eccellenza come dimostrano anche i tre bicchieri del Gambero Rosso con il sangiovese delle Rocche Malatestiane. Quest’anno il plusvalore ai soci è stato di 6 milioni di euro, non uno scherzo. Per ottenere questo facciamo investimenti importanti”.

Da vino di massa a vino di qualità. La Romagna è pronta?

“Sì, è un percorso che passa dalla valorizzazione dei nostri vini ed un racconto valoriale dei territori. Abbiamo tutte le carte in regola per vocazione, storia, cultura, territorio, gastronomia e know how. Insomma abbiamo tutti gli elementi che compongono i prodotti del made in Italy di qualità”.

Pensa ad alleanze con altri grandi operatori del settore, magari proprio in Romagna?

“Ci sono le condizioni affinché tutti i grandi players romagnoli si adoperino nella logica della ricerca del valore aggiunto e della valorizzazione delle produzioni, abbandonando col tempo la gestione del vino romagnolo come commodities”.

E il rapporto coi piccoli produttori quale deve essere?

“Siamo convinti che le piccole realtà locali che producono vini di altissima eccellenza e pregio siano una risorsa fondamentale per la crescita del territorio. Non c’è nessuna antitesi, siamo complementari. Tra l’altro noi rappresentiamo cinquemila piccolissimi produttori che tutti i giorni svolgono un’attività da veri artigiani del vino, seguendo la guida degli agronomi di Cevico”.

Il suo legame con Imola è molto forte come dimostra il progetto che ha portato alla riqualificazione della cantina dello Scarabelli. Come arrivò questa idea?

“E’ stata una congiunzione astrale molto particolare. Come Masselina (una cantina d’eccellenza in località Serra a Castel Bolognese, quindi al confine con territorio imolese, Ndr) avevamo intenzione di costruire una nuova cantina ed esattamente in quel periodo fui contattato dall’istituto Scarabelli, proprio in virtù dei buoni rapporti e ricordi da ex allievo, per capire se poteva esserci da parte nostra un interesse al subentro nella gestione della cantina didattica. Risposi subito “Sì, dobbiamo guardarci”. Così abbiamo temporaneamente abbandonato l’idea di costruire una nuova cantina e abbiamo ristrutturato e ampliato la struttura didattica esistente, garantendo ai ragazzi un percorso didattico qualificato per il personale nostro che lì opera, per le attrezzature che lì abbiamo allocato e per i vini di alto pregio di tenuta Masselina che facciamo. Abbiamo avvicinato questi ragazzi al mondo del lavoro e individuato, anche assieme a loro, progetti di grandissimo valore, come ad esempio il progetto Sommosso presentato all’ultimo Vinitaly”.

Sempre la tenuta Masselina è al centro di un progetto ambizioso. Quali sono le prossime tappe?

“Entro l’estate 2018 saranno definitivamente conclusi i lavori di recupero della struttura già esistente, che sarà un gioiello in termini di recettività enoturistica e di produzione e affinamento vini. Avrà una barricaia sotterranea e sarà la prima struttura del territorio per funzionalità e dimensioni a produrre vini metodo classico spumante. Questi sono due esempi concreti di come ci stiamo impegnando come gruppo sul nostro territorio”.

Passando ai nostri vini, avete investito molto nella valorizzazione del trebbiano. Perché?

“E’ la varietà più usata a livello europeo per la spumantizzazione. Finora nella nostra regione si è venduto soprattutto sfuso, è il momento di valorizzarlo in casa nostra. Con il successo del Vollì abbiamo dimostrato che si può fare”.

Il ruolo del sangiovese?

“Ha potenzialità enormi. Bisogna saperlo lavorare in base ai mercati a cui è proposto. In Romagna ti aspetti un sapore, mentre, ad esempio per l’estero piace più ammorbidito e più rotondo. Inoltre stiamo rinnovando la linea dei vini Galassi, legando ancor di più il marchio al territorio grazie anche a un restyling dell’etichetta in cui abbiamo inserito i mosaici di Dioniso del museo archeologico romano di Sarsina. Anche questo è un modo per valorizzare territorio e vino”.

Lei è vicepresidente del consorzio del pignoletto, un vitigno in forte crescita…

“E’ una risposta eccellente anche per la viticoltura in collina. Sta crescendo in doppia cifra a volume e valore. Ormai è un must delle bollicine italiane”.

L’albana è destinata alla nicchia?

“Spero e credo di no. Ha un percorso di valorizzazione diverso, più legato alle tradizioni, ma noi ci crediamo molto”.

Grandi investimenti li avete fatti sul biologico. Che risultati sta dando?

“Il progetto B.io sta dando ottimi risultati. In un anno e mezzo è cresciuto del 20 per cento a volume e a valore. Crediamo che la sostenibilità sia un valore tipico della cooperazione imprescindibile in agricoltura, non solo quando si parla di biologico”.

Infine uno sguardo sul mondo della cooperazione. Il vostro settore è già organizzato come Alleanza, mentre il resto del movimento va al rallentatore. Come la vede?

“E’ una strada obbligata, per noi è impensabile fare un passo indietro: bisogna guardare al futuro e non al passato. E bisogna farlo uniti. Auspico una accelerazione dati i risultati importanti ottenuti”.

Nella foto: Ruenza Santandrea e Marco Nannetti

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