Buona Settimana di Marco Raccagna: La Repubblica sotto scacco di populismo e sovranismo
12.718.641 per la Repubblica e 10.718.502 per la Monarchia, con tanto di 1.498.136 schede nulle o bianche. Così il popolo italiano si pronunciò il 2 giugno 1946 e da allora in questa data festeggiamo la Repubblica, a parte una lunga parentesi tra il 1978 e il 2001, in cui la ricorrenza veniva celebrata la prima domenica di giugno, a causadell’allora crisi economica. Fu quello un referendum divisivo, dopo una quasi guerra civile, preludio di un’altrettanta enorme divisione che di lì a pochi mesi sarebbe esplosa ed avrebbe imprigionato l’Italia per decenni, quella tra i democratici cristiani e i comunisti, l’irrompere della «guerra fredda», con partiti, movimenti e cittadini legati alla «frontiera» americana ed altri alla «promessa» sovietica di un possibile mondo migliore.
Eppure, in quegli anni di ricostruzione dopo una guerra devastante, sia materialmente che umanamente, sia come nazione e popolo; in quegli anni di grande divisione circa il futuro dell’Italia; in quegli anni di grandi ideologie e di divisioni tra est e ovest; anche in quegli anni seppe nascere e attecchire un sentimento comune della Repubblica. Sentimento comune che, certo, fu bistrattato a più riprese, da una parte e dall’altra, e poi drammaticamente attaccato negli «anni di piombo» del terrorismo di destra e di sinistra. Ma quel sentimento seppe resistere e anzi, proprio attraverso quelle dure prove, potéforse rafforzarsi.
Allora, esiste ancora oggi un sentimento comune della Repubblica? Nella mente, nel cuore e nelle parole del Presidente Mattarella certamente esiste, ma esiste anche la preoccupazione di un suo dissolvimento sotto i colpi di una certa cultura oggi al governo del Paese. Il sovranismo e il populismo non avranno sfondato in Europa, ma in Italia godono di ottima salute. Tuttavia, il voto europeo getta una luce diversa sull’attualità politica italiana, facendola forse apparire più come un’avventura e una tentazione piuttosto che un discorso politico strutturato e coerente. Abbiamo al governo due partiti e due culture politiche pericolose, che teorizzano la ricerca costante di un nemico al fine di distogliere l’attenzione dai problemi reali, sia a livello locale che a livello nazionale e planetario. Due culture che aizzano l’odio e indicano da tweetter o facebook i deboli o le persone da colpire. Un governo e due partiti (Lega e 5Stelle e anche il presidente della Camera, Fico) che ignorano e disattendono a più non posso l’articolo 2 della Costituzione: quello dove si parla di garanzia per i diritti inviolabili dell’uomo e del dovere alla solidarietà.
Xenofobia, spiritosaggini, autoritarismo, attacco alle competenze di ogni genere, uso spregiudicato della comunicazione digitale e non (dicono una balla, tanto poi tocca agli altri provare che lo è) sono prassi quotidiana in Italia. E non c’entra Casapound. Queste cose le abbiamo al governo e, soprattutto, nel suo sottobosco spregiudicatamente tenuto al guinzaglio. La risposta allora alla domanda iniziale è che in questa Italia ne resta ben poco di sentimento condiviso della Repubblica. Ed è grave, non per retorica, ma per sostanza. Al governo si dicono nazionalisti, ma sono il contrario. Dividere, fomentare l’odio, respingere la solidarietà umana, essere marginalizzati e marginali nel mondo, credere che la storia d’Italia inizi nel marzo del 2018, non aumenta il pesonazionale, ma anzi deforma e colpisce a morte il nostro essere unanazione e un popolo.
Per questo, e per una lunga serie di motivi che dirò in futuro, la battaglia politica dovrebbe percorrere più strade e sicuramente due: da un lato le cose da fare, in particolare l’economia; dall’altro un vero e proprio rinascimento che rivoluzioni e formi ancora una volta la cultura del Paese, perché il 2 giugno festeggiamo l’ultimo atto di una «rivoluzione» che allora avvenne, la nascita della Repubblica e poi della nostra Costituzione. Buona settimana.
Imola