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Cronaca 6 Novembre 2020

Elezioni Usa, cosa sta accadendo? La rivincita del sistema postale americano su Trump

La grande attesa per sapere chi diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti sta appassionando un po’ tutti. Simon Teame Chierici, imolese di origine eritrea che abita e lavora a Miami da anni, ha votato e analizza per noi la situazione, ad oggi, partendo da un dato: la rivincita del “vecchio” servizio postale. 

Si sapeva che per i risultati elettorali bisognava aspettare qualche giorno, ma non era mai successo da venti anni a questa parte che a tre giorni dalla chiusura dei seggi non sia ancora chiaro chi sarà il presidente degli Stati Uniti. Il candidato per esser eletto presidente deve ottenere il favore di almeno 270 grandi elettori su 538 a disposizione. Al momento siamo – al netto dei ricorsi – a 264 per Biden e 214 per Trump.

I quattro Stati che non hanno ancora “ratificato” i voti sono Georgia, Nord Carolina, Pennsylvania e Nevada. In Georgia, al momento ci sono circa 15.000 schede pendenti ancora da ratificare; il margine che separa i due candidati è dello 0,1% quindi per legge ci sarà la riconta automatica dilatando ulteriormente i tempi di attesa oltre il 17 di novembre.

Anche in Pennsylvania Biden ha raggiunto e superato Trump con ancora circa 100.000 schede da processare e si suppone che per fine giornata si avrà un quadro più chiaro. Se il margine dovesse rimanere intorno al 0,5% allora scatterà anche qui la riconta automatica che dovrà essere conclusa entro il 24 di novembre.

Al contrario, in Nevada, Biden che conduceva con un discreto margine ora lo vede ridotto a circa 22.000 voti e ancora circa 130.000 voti da contare più quelli che arriveranno entro martedì 10, ma i risultati non saranno certificati prima del 12 novembre.

In Nord Carolina, con ancora circa 100.000 voti da contare permane un sostanziale vantaggio di Trump. La ragione principale di questa lunga attesa sono i circa 87 milioni di schede elettorali che sono state inviate per posta e che in alcuni casi continuano a pervenire anche dopo la chiusura ufficiale dei seggi. Ogni stato ha le sue regole per quanto riguarda il voto per posta.

In Pennsylvania, Georgia e anche in Nevada si possono accettare se pervenute entro tre giorni dalla chiusura dei seggi e consegnate alla Posta il giorno della chiusura dei seggi. In tempi normali questo processo non avrebbe avuto un peso rilevante, ma è arrivato il Covid.

A fine marzo con l’inizio della pandemia negli Usa e la necessità del lockdown si era prospettata la possibilità di attivare il voto per posta per tutti a livello nazionale, ma la contrapposizione dei repubblicani per paura di supposti “brogli” e il fatto che ogni Stato avesse leggi diverse, ha fatto soprassedere, lasciando l’autonomia agli Stati di prendere le necessarie misure per favorirlo. Inutile dire che in alcuni Stati a guida repubblicana si è cercato di disincentivare il voto per posta anziché favorirlo chiedendo un’adesione alla lettera al regolamento.

Dal 2018, tra l’altro, è in atto una riqualificazione generale del sistema postale nazionale per ridurne i costi, che di fatto si è concretizzata in un accorpamento e riduzione dei centri di raccolta e servizi del 5% annuo, secondo le scelte del comitato di gestione in mano a repubblicani. A metà giugno è stato nominato direttore generale Louis Dejoy. Oltre ad essere proprietario di una compagnia di logistica e spedizioni che lavora e compete con lo stesso servizio postale nazionale, Dejoy è uno dei maggiori contribuenti del partito repubblicano e della campagna elettorale del presidente Trump stesso (ha donato circa 2,5 milioni di dollari nel 2016). Appena insediato si è messo subito di buona lena ad accelerare lo smantellamento del servizio postale, eliminando gli straordinari e i macchinari per la cernita automatica in grado di processare 10.000 mila plichi all’ora, rimuovendo le famose e tipiche buchette della posta blu che si trovano in tutti gli angoli delle strade delle città americane. Il ritmo di riduzioni e accorpamenti è schizzato dal 5 al 13%.

Immediate le lamentele da parte dei sindacati dei lavoratori postali e di gruppi di tutela del consumatore. Dejoy di fronte alla commissione del Congresso ha negato che l’obiettivo del processo fosse quello di mettere in difficoltà il voto per posta in previsione delle elezioni, ma non ha fatto niente affinché il sistema riacquistasse credibilità e funzionalità.

C’è voluto l’intervento della corte federale di Washington, dopo una denuncia presentata a metà settembre da 14 Stati, tra i quali proprio la Pennsylvania e il Nevada, affinché il servizio postale cominciasse a cambiare rotta e ad avere un piano concreto per garantire l’efficienza del sistema in previsione delle elezioni. Il giudice ha imposto una tabella di marcia ma soprattutto ha assegnato responsabilità precise di cui ha chiesto conto senza concedere tregue o accettare scuse. Si sono riscontrati dei problemi, come è ovvio che accada quando si ha a che fare con un’organizzazione similare, ma il giudice non ha mai concesso alibi per la non attuazione delle sue direttive e chiederà conto dei risultati.

Ma non ci sono molti dubbi che la strategia su cui contava Trump fosse da un lato rendere inservibile e lento il servizio postale, dato che era noto che molti democratici l’avrebbero scelto vista l’epidemia di Covid, dall’altro invitare i suoi sostenitori a votare di persona. Dopo l’euforia iniziale, però, l’ago della bilancia volge a favore dei democratici.

Potremmo dire che il sistema postale si sta prendendo la rivincita su Trump o meglio che il sistema delle corti americane si sta rivelando l’ultimo baluardo dell’equilibrio della democrazia americana, nonostante siano tutti o quasi repubblicani.  

Nella foto Simon Teame Chierici dopo il voto a Miami

Elezioni Usa, cosa sta accadendo? La rivincita del sistema postale americano su Trump
Cronaca 10 Maggio 2020

Coronavirus, un imolese a Miami: “Risse nei supermercati per la carta igienica e spiagge chiuse”

Il totale dei contagi da Covid-19 negli Stati Uniti è salito a oltre 1 milione e 250 mila, i decessi sono più di 75.000. Gli Usa detengono, ad oggi, il triste record dei morti per l’epidemia da Coronavirus nel mondo, seguiti dal Regno Unito (30.000), Italia (29.958) e Spagna (26.000).

Questo il racconto di Simon Teame Chierici, insegnante di origine imolese, che vive a Miami Beach:  

Siamo in clausura dal 16 marzo e le aspettative cambiano di giorno in giorno. La circolare “safer at home” emanata dalle città della contea di Miami ha reso obbligatoria la chiusura di tutte le attività non necessarie e ha istituito il “coprifuoco”: non si può assolutamente uscire da mezzanotte alle 5 di mattina, a meno che non si tratti di consegne a domicilio o di lavoratori che tornano a casa dai ristoranti ancora aperti per il “take out”. Comunque, non ci sarebbe nessuno in giro, visto che quasi tutti i turisti sono scappati.

I supermercati sono stati presi d’assalto il primo giorno e a parte i prodotti ovvi come disinfettanti, saponi, salviette umidificate, il prodotto che ha scatenato più risse è stata la carta igienica. Risse vere, con l’intervento degli addetti alla sicurezza. Per la carta igienica. Anche la mitica Cnn ha dedicato un servizio sulla stranezza della cosa e sul fatto che ancora dopo tre settimane ci sia scarsezza nei supermercati. Gli americani, nella loro beata ignoranza, non hanno ancora capito l’uso millenario del bidet. Il solerte giornalista, però, ha spiegato il mistero quantico con la logica della… logistica. In pratica, essendo un prodotto voluminoso e ingombrante ma non essendoci margini di guadagno elevato, si tende a tenerne lo stoccaggio al minimo indispensabile. Chi l’avrebbe mai detto.

Prima uscivo di casa verso le 6.30, adesso rimango seduto al mio tavolo e aspetto che si faccia l’ora per attivare il collegamento con i miei studenti. La mia routine non è cambiata di molto e non so ancora se mi piace quella nuova o preferisco il precedente vecchio tran tran. Di certo bisogna abituarsi e «prenderci le misure». L’impressione è che il telelavoro sia più pratico, ma allo stesso tempo dreni molte più energie, sia fisiche che mentali.  

Intorno a me e più in generale in America la situazione è allarmante. Il nuovo Convention Center di Miami appena inaugurato si pensa di trasformarlo in una struttura temporanea per accogliere la prossima ondata di ricoveri. In base alle recenti statistiche la Florida, e in particolare la zona di Miami, è previsto diventerà un focolaio del virus. Gli studi dicono che i numeri raddoppiano ogni tre giorni per cui sembra proprio il caso di prendere le necessarie precauzioni.

Nonostante il fatto che il primo caso di contagio in America sia stato registrato il 20 gennaio, mesi dopo, quasi per incanto, scopriamo di non essere preparati. Si è visto nel resto del mondo la capacità distruttiva del virus ma si è voluto far finta di niente.  

Il racconto completo è stato pubblicato sul “sabato sera” del 23 aprile.  

Nella foto la famosa spiaggia di Miami Beach chiusa per l’epidemia da Covid19

Coronavirus, un imolese a Miami: “Risse nei supermercati per la carta igienica e spiagge chiuse”
Cronaca 11 Novembre 2019

Dagli Stati Uniti a Castel San Pietro per onorare il pilota Loren Hintz

E’ in arrivo dagli Stati Uniti una delegazione di quaranta persone per onorare il ricordo del pilota americano Loren Hintz, che fu abbattuto con il suo aereo alla fine della Seconda Guerra Mondiale e i cui resti sono stati ritrovati dopo oltre 70 anni, grazie alle ricerche compiute dall’associazione Archeologi dell”Aria, in collaborazione con amministrazioni e associazioni locali.
La delegazione parteciperà a incontri istituzionali e visiterà i luoghi lungo la Linea Gotica nei territori di Castel San Pietro Terme, Ozzano dell’Emilia e Budrio, frequentati da Hintz prima della sua ultima missione.

In particolare, domani alle ore 15 il sindaco di Castel San Pietro Fausto Tinti accoglierà i familiari del pilota e i militari che li accompagnano, con una cerimonia ufficiale di benvenuto nella sala del Consiglio comunale, alla presenza di rappresentanti delle associazioni che hanno collaborato alle ricerche storiche e all’organizzazione della visita. (r.cr.)

Nella fotografia del Comune di Castel San Pietro, la piatrina di Loren Hintz

Dagli Stati Uniti a Castel San Pietro per onorare il pilota Loren Hintz
Cronaca 25 Luglio 2018

Emilia 4 vince l'American Solar Challenge. Un'Onda Solare partita da Castel San Pietro

A Castel San Pietro sono in tanti a festeggiare il successo di Emilia 4, l’auto ha vinto l’American Solar Challenge nella categoria per auto multiposto, la competizione riservata ai veicoli solari sviluppati dalle università di tutto il mondo, Emilia 4 è stata progettata dall’Università di Bologna, finanziata dalla Regione con circa 1 milione di fondi europei e costruita dal team castellano Onda Solare. «C’è davvero molto di Castel San Pietro in questa vittoria – ha commentato il sindaco di Castello, Fausto Tinti  –, complimenti a Mauro Sassatelli e al suo grandissimo team, in particolare al pilota Ruggero Malossi, dipendente insostituibile del nostro Comune».

In effetti l’idea dell’auto solare è nata nel 2003 nella piccola officina di Sassatelli in via Flavio Gioia a Castello e da allora di strada ne ha fatta tanta. «Siamo un’associazione di appassionati che nel tempo si è allargata sempre di più – conferma Sassatelli –. Claudio Rossi, docente di Macchine elettriche dell’Università di Bologna ha capacità e passione smisurate, si dedica anima e corpo a questo progetto, con uno straordinario spiegamento di uomini e mezzi». Dopo 2700 chilometri attraverso le Montagne Rocciose, dal Nebraska all”Oregon, il team Onda Solare, ha chiuso il percorso conquistando anche due premi speciali, quello per la miglior meccanica e uso dei compositi e quello per il miglior progetto della batteria. Precisazione non da poco per un veicolo e tecnologie che si vogliono passare all”utilizzo vero e proprio sulla strada.

Il veicolo, l”unico a quattro posti tra quelli in gara, ha un aspetto simile a quello di un”auto tradizionale ma per muoversi utilizza l’energia di un asciugacapelli. Con due motori elettrici posizionati dentro alle ruote, è alimentata da cinque metri quadrati di pannelli solari ad alto rendimento collegati a batterie al litio di ultima generazione. «Emilia 4 stata l’unica a non aver avuto bisogno di ricaricare le batterie – rivendica Sassatelli -. In Oregon siamo saliti fino a quota 2500 metri sulle Montagne Rocciose utilizzando solo l’energia del sole».

Quella di Emilia 4 era l’unica squadra europea in una gara che non è una passeggiata. «Dei 24 veicoli che hanno partecipato alle prove, solo 13-14 sono stati ammessi alla gara su strada nelle due categorie» racconta il pilora Malossi. A bordo si alternavano sempre quattro persone, su un equipaggio di otto.

Oltre agli italiani, c’erano australiani, canadesi, russi e tutti gli altri erano americani, fra cui anche il secondo e il terzo classificati. Prossimo appuntamento per Emilia 4 sarà il World Solar Challenge in Australia, a ottobre 2019. (r.c.)

Altre foto e particolari sul “sabato sera” del 26 luglio.

Nelle foto grande il team di Onda Solare con la coppa della vittoria; Emilia 4 in gara (dalla Pagina Facebook di Onda Solare)

Emilia 4 vince l'American Solar Challenge. Un'Onda Solare partita da Castel San Pietro
Cronaca 21 Giugno 2018

La nuova Emilia4 di Onda Solare è pronta per sfrecciare all’American Solar Challenge

Emilia4 è partita. La settimana scorsa, subito dopo la presentazione ufficiale al museo Ferrari di Maranello, la prima vettura italiana omologata a 4 posti ed alimentata ad energia solare è volata negli Usa, dove parteciperà all’American Solar Challenge, gara a tappe con oltre 3.400 chilometri dal Nebraska all’Oregon, riservata a veicoli ad energia solare in programma dal 14 al 22 luglio prossimi.

Dopo le competizioni disputate in Australia, Cile, Emirati Arabi, Francia e Marocco dalle «sorelle» Emilia, Emilia2 ed Emilia3, la nuova vettura dell’associazione castellana Onda Solare, progettata e costruita insieme all’Università di Bologna (Unibo) all’interno di un progetto finanziato dalla Regione, è pronta per gli oltre 3.000 chilometri dal Nebraska all’Oregon della sfida americana. Ma a differenza dei veicoli precedenti, Emilia4 non è solo un prototipo bensì una vera e propria vettura di tipo cruiser a 4 posti, omologata per la strada.

Negli Stati Uniti rappresenterà non solo l’Unibo (la gara è infatti dedicata alle università) e quell’Emilia Romagna «terra dei motori» (evidentemente anche alternativi), ma anche l’Italia e l’Europa, in quanto si tratta dell’unico team tricolore ed unico proveniente dal vecchio continente.

mi.mo.

Nella foto: Emilia4 a Maranello

 

La nuova Emilia4 di Onda Solare è pronta per sfrecciare all’American Solar Challenge
Sport 14 Aprile 2018

Lo scatto del fotografo imolese Matteo Marchi sulla copertina di Sportweek

La città di Philadelphia e la statua di Rocky Balboa sullo sfondo. In primo piano Marco Belinelli, campione Nba alla sua prima stagione in maglia «Sixers». Questa la copertina di Sportweek, una delle riviste italiane sportive più conosciute al mondo che potete trovare da oggi in edicola. Artefice di questo scatto, e di tutte le immagini che fanno da contorno al suo interno alla bella intervista al giocatore bolognese, è Matteo Marchi, 35enne fotografo imolese che da sei mesi ha lasciato amici e famiglia e, armato dei suoi inseparabili strumenti di lavoro, è atterrato a New York per provare a realizzare il suo personale sogno americano, ovvero diventare un fotografo ufficiale del campionato di basket più famoso del pianeta. «Sono nella Grande Mela da ottobre – ha raccontato Matteo Marchi -. Qui è durissima perché la concorrenza è spietata e in questa città manca umanità, ma bisogna tenere botta se si vuole raggiungere un obiettivo. Non sono venuto in America certo per divertirmi».

Come è nato questo prestigioso progetto?

«È partito tutto direttamente da Sportweek e il mio nome è stato suggerito dalla Pr di Belinelli, Elisa Guarnieri. Marco lo conosco da tanto tempo, ma conosco da ancora più tempo il fratello Umberto che lo segue da quando è in Nba. Mi è stato vicino fin dal mio arrivo, interessandosi alla mia avventura e questo mi ha fatto molto piacere. In passato avevo già pubblicato foto su Sportweek, ma alla copertina non mi ero neanche mai avvicinato. Sono molto emozionato e aspetto solo che mia mamma mi spedisca una copia qua a New York».

Belinelli lo conosciamo per le sue qualità in campo, ma nella vita di tutti i giorni che persona è?

«Questo lavoro insieme ha confermato che è un uomo dal grande cuore e molto legato alle sue origini. È anche, soprattutto, un ragazzo semplice che non se la tira e che non nega mai una foto o un autografo ai suoi fans. Il servizio logisticamente è stato complicato, perché eravamo in esterna e in quattro location diverse, ma grazie alla sua disponibilità lo abbiamo realizzato senza particolari problemi».

Pensi di tornare a breve in Italia o hai già in mente qualche idea per un futuro sempre più a stelle e strisce?

«Al momento non è previsto un mio ritorno a casa. Seguirò nel limite del possibile i play-off di Philadelphia e poi a maggio andrò al Tour di California. Un assaggio di ciclismo dopo tanto basket mi farà bene».

Sui social e sulle riviste specializzate ormai spopolano le tue foto ai fenomeni Nba. Qual è lo scatto che ti ha entusiasmato più di tutti?

«Certamente la schiacciata di Lebron James contro i Brooklyn Nets qualche settimana fa. Sono gesti che se non li vedi dal vivo e da vicino non puoi capire. La televisione appiattisce e lui è potenza pura».

Non sarà la Lega americana, ma da noi la prossima settimana partiranno i play-off di C Gold e in finale potrebbero ritrovarsi la Vsv Imola e i Flying Ozzano, due squadre dove hai molti amici.

«Se accadesse per me sarebbe la partita del cuore. A Ozzano ci sono Aldo Martini, grande amico anche di Belinelli, e Nunzio Corcelli, mentre a Imola Samuel Dalfiume e il mio socio Daniele Casadei, entrambi miei ex compagni in maglia Andrea Costa ai tempi delle giovanili. Spero vadano alla bella e poi che vinca il migliore, senza che nessuno però sbrocchi modello Buffon».

d.b.

Nella foto: (tratte dalla pagina facebook Matteo Marchi Images): il fotografo imolese Matteo Marchi e la schiacciata di LeBron James contro i Brooklyn Nets. Presente anche la copertina di Sportweek in edicola da oggi (dal profilo Instagram matteomarchiph).

Lo scatto del fotografo imolese Matteo Marchi sulla copertina di Sportweek
Cronaca 13 Aprile 2018

Premio Nidi di Innovami, la startup Tommi vincitrice dell'edizione 2017 è volata in America

La startup Tommi, vincitrice 2017 del Premio Nidi (Nuova Idea D’Impresa) di Innovami, centro a Imola che promuove la nascita di nuove realtà imprenditoriali, ha fatto le valigie ed è volata in America, precisamente in Texas. Il game ideato da Softcare Studios, giovane impresa di Roma consiste in un videogioco realizzato nella realtà virtuale per i pazienti dell”oncologia pediatrica con lo scopo di alleviargli paure e ansie che troppo spesso sono l”ostacolo principale all”efficacia della terapia.

La startup, quindi, è protagonista al TMCx, il programma internazionale di accelerazione del Texas Medical Center, il più grande centro medical al mondo che include una cinquantina tra cliniche, ospedali, laboratori, centri di ricerca e scuole di medicina attorno a cui orbitano circa 5 milioni di pazienti ogni anno e che è riservato alle migliori soluzioni digitali a supporto della salute. Il suo Innovation Center, tra 200 progetti candidati di tutto il mondo, ne ha scelti solamente 24 su cui investire e, tra di essi, anche lo stesso Tommi. Alcuni membri del progetto, unico italiano ammesso, quindi, sono volati a Houston e vi rimarranno fino a giugno, per sviluppare ulteriormente la loro strategia di mercato ed estendere la rete di ospedali dove eseguire i test necessari a finalizzare il game. Ad oggi è stato pensato per pazienti di 8-13 anni, ma in futuro potrebbe estendersi a malati pediatrici di ogni età, fino agli adulti.

Gli incontri con le strutture ospedaliere statunitensi serviranno a perfezionare la startup in vista del prossimo lancio sul mercato. «Un ambito al quale stiamo lavorando con intensità – racconta Valentino Megale, uno dei fondatori di Softcare Studios e specializzato in neurofarmacologia – è quello della raccolta e analisi di dati sulle performance psicomotorie dei pazienti, che con Tommi servono a migliorare il monitoraggio dei pazienti da parte dello staff medico. La sua ricaduta, aspetto da non trascurare, è importante anche in termini di costi della sanità, poiché rendere più efficace la terapia significa anche ridurne i tempi, con un impatto positivo sui costi a carico sia dei pazienti che del Sistema Sanitario. Insieme a noi, fanno parte del programma TMCx startup danesi e francesi, oltre che americane: gli ambiti vanno dalla realtà virtuale al machine learning fino alla blockchain, tutti applicati alla digital health».

Grazie ai fondi concessi da Innovami con il Premio Nidi e questa nuova avventura americana si potrà così accelerare la distribuzione di Tommi, prevista per quest”anno, mentre all’Ospedale Bambin Gesù di Roma sta proseguendo la sperimentazione che entro l’estate fornirà i primi dati. Intanto a Imola si sta delineando un nuovo progetto, studiato da Innovami insieme ad una realtà del territorio. Nel frattempo, resteranno aperte fino al 26 aprile prossimo le iscrizioni per il Premio Nidi 2018, che guarda a diversi mercati alla ricerca di progetti promettenti da far crescere e sviluppare all’interno di Innovami stesso, oppure, novità di quest’anno, direttamente all’interno di aziende già affermate, che siano alla ricerca di partner per lo sviluppo. Il montepremi ammonta a 35mila euro ai quali si aggiungono i mille euro messi in palio da Tampieri srl con il Premio speciale «Automazione e Industria 4.0».

r.c.

Nella foto:

Premio Nidi di Innovami, la startup Tommi vincitrice dell'edizione 2017 è volata in America

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