Cappuccetto
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3 Marzo 2020

Cappuccetto Rosso «gira» a Medicina e nel mondo. Catrani e Sidoti raccontano i viaggi delle fiabe

Le fiabe sono organismi viventi: lo sono tutte le storie, intendiamoci, tranne quando non hanno più nulla da dire, che è il modo di morire che hanno le storie. In quanto organismi viventi le fiabe tendono a viaggiare, a spostarsi da un’epoca all’altra, da una lingua all’altra, da un continente all’altro. Se ancora oggi raccontiamo storie di principesse addormentate e di lupi terribili, di streghe malvage e di fate madrine, è perché le loro storie hanno attraversato i mari e i secoli, per arrivare fino a noi.

Le fiabe viaggiano, e viaggiando mantengono la propria identità e al tempo stesso si adeguano al luogo, alla cultura e alla lingua in cui vengono raccontate. Cenerentola arriva in Europa dall’Estremo Oriente, e mantiene lungo la strada la sua scarpetta e la centralità del piede: ma cambia e muta per raccontare un mondo diverso. E Pollicino cambia, raccontando sempre storie di bambini abbandonati nel bosco, ma che fanno cose leggermente diverse.

Allo stesso modo, Cappuccetto Rosso viaggia: è attestata nelle campagne francesi fin dal XIV secolo, viene poi raccontata da Perrault nei Racconti di Mamma Oca (senza lieto fine: Cappuccetto Rosso muore mangiata dal lupo) e quindi dai fratelli Grimm (che introducono il cacciato- re, poi diventato taglialegna). Quella dei fratelli Grimm è la versione che conosciamo, ma non è la prima versione italiana attestata: nelle Fiabe italiane di Italo Calvino è raccontata come La falsa nonna (abruzzese) dove a mangiare la nonna è un’orchessa. Viaggiando, appunto, i lupi diventano qualcos’altro: perché magari i lupi non sono conosciuti, o come nella Marsica, sono sinonimo di fierezza e non di paura selvaggia. Nelle storie «italiane» popolari di Cappuccetto Rosso i lupicompaiono solo tardi, verso la fine dell’Ottocento, probabilmente seguendo la moda delle traduzioni delle grandi raccolte di fiabe europee. (an.cat. be.si.)

Nella foto: un estratto dal libro di Clementina Mingozzi (con testo di Beniamino Sidoti) pubblicato da Bacchilega Junior nel 2018 nella sua collana «Ristorie»

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