Ragazze fatte prostituire a Bologna, ma controllate con la videocamera da Imola
C’era una famiglia di Imola dietro ad un giro di sfruttamento della prostituzione che partiva dal Sudamerica e arrivava a Bologna. Un’indagine della polizia di Bologna, coordinata dalla Procura con il Pm Stefano Dambruoso, partita lo scorso novembre dalla denuncia di due ventenni venezuelane e finita con quatto misure cautelari e al sequestro ai fini della confisca dell”abitazione di proprietà utilizzata per gli incontri. In arresto sono finiti marito e moglie, lui 42enne e lei 50enne venezuelana, mentre i due figli della donna, un ragazzo e una ragazza di 25 e 20 anni, hanno ricevuto un divieto di dimora. Tutti sono accusati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
La famiglia aveva avviato il “giro” almeno dal 2018 realizzando un guadagno stimato in circa mezzo milione di euro. Le ragazze reclutate e fatte prostituire complessivamente sarebbero state una ventina, tutte Sudamericane (fra i 20 e i 30 anni di età). I clienti venivano procacciati tramite annunci e siti specializzati e pagavano solitamente 50 euro la prestazione, di cui solo 10 restavano alla ragazza mentre il resto finiva in tasca agli sfruttatori per “ripagare il costo del viaggio per farle arrivare in Italia”.
Le ragazze arrivavano in Italia con la promessa di un lavoro, poi private del passaporto e costrette a prostituirsi in un appartamento in zona Bolognina. Secondo quanto raccontato da una delle vittime alla polizia, erano controllate con un sistema di videocamere, per accertare che gli incontri con i clienti non durassero più di 10 minuti ognuno. (r.cr)