A poco più di cinque mesi dall’omicidio di Fabio Cappai, il 23enne di Castel del Rio accoltellato a morte dopo una lite nella notte tra il 15 e il 16 luglio vicino ai campi da tennis e da calcio del comune alidosiano, è stata fissata la data per l’udienza preliminare del Tribunale del Pratello. A comparire davanti al giudice, il 27 dicembre, i quattro giovanissimi indagati tra cui il 17enne reo confesso dell’omicidio, difeso dall’avvocato Padovani e in carcere al Pratello dal giorno successivo al delitto. Oltre a lui, come detto, anche altri tre ragazzi: un 17enne, un 16enne ed un altro ragazzo oggi maggiorenne, tutti e tre accusati di concorso anomalo in omicidio per avere colpito con pugni e calci la vittima. I quattro devono rispondere anche di lesioni aggravate in concorso all’amico di Cappai, anche lui preso a calci e pugni. (r.cr.)
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Omicidio a Castel del Rio, indagati altri tre ragazzi per la morte di Fabio Cappai
La procura ha notificato la chiusura delle indagini e indagato formalmente altri tre ragazzi, tutti minorenni, per concorso anomalo nell’omicidio di Fabio Cappai, il 23enne accoltellato a morte nella notte tra il 15 e il 16 luglio a Castel del Rio.
I tre erano già stati sentiti, insieme ad altri, come persone informate dei fatti, subito dopo l’accaduto, ma questa settimana sono ritornati davanti al magistrato per essere interrogati. Prende corpo l’ipotesi formulata sin dall’inizio da procura e carabinieri, che l’omicida, un sedicenne, non fosse solo. Ora occorrerà capire in che modo gli altri tre sono stati considerati coinvolti nella vicenda.
Rintracciato dai carabinieri subito dopo il fatto, il sedicenne aveva confessato dicendo di aver colpito Cappai nel corso di una lite; la procura ha indagato il ragazzo per omicidio volontario e ne ha chiesto e ottenuto la custodia cautelare nel carcere minorile del Pratello di Bologna. (r.cr.)
Omicidio a Castel del Rio, l’avvocato della famiglia Cappai: «Fabio non ha partecipato a nessuna colluttazione»
«Alla luce delle molteplici notizie apparse sulla stampa e sui social in merito alla morte di Fabio Cappai, la famiglia desidera precisare che dagli elementi in proprio possesso è dato escludere, nel modo più assoluto, che Fabio abbia partecipato attivamente a qualsivoglia colluttazione». A parlare, con un comunicato diffuso a mezzo stampa, è l’avvocato Daniela Mascherini che assiste i familiari di Fabio Cappai, il 23enne ucciso nella notte tra il 15 e il 16 luglio a Castel del Rio da un ragazzo di 16 anni attualmente nel carcere minorile del Pratello.
«Fabio – prosegue l’avvocato – è stato brutalmente ucciso senza nemmeno avere il tempo e il modo di difendersi. In questa fase non è possibile dire altro. In riferimento alle dichiarazioni rilasciate dalla difesa dell’imputato si rileva che, allo stato, sulla base di quanto risulta alla famiglia, l’indagato non sta affatto contribuendo ad una piena ricostruzione dei fatti per come effettivamente accaduti. Non è in discussione la libertà dell”indagato di difendersi come meglio crede; ciò che non convince è che si voglia far passare l”idea che vi sia la più ampia collaborazione quando in realtà molti aspetti di questo omicidio restano ancora da chiarire. Un ragazzo di 23 anni è stato ucciso, la sua vita, le sue aspirazioni tutto svanito, la sua famiglia distrutta dal dolore con negli occhi immagini che non potranno essere mai cancellate. La famiglia, chiusa nel proprio immenso dolore, ripone piena fiducia nell’operato della Procura augurandosi che presto venga fatta chiarezza e vengano individuate le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti». (r.cr.)
Foto Isolapress
Accoltellato a Castel del Rio, il colpevole 16enne resta in carcere
Oggi pomeriggio il gip Anna Filocamo, accogliendo la richiesta della Procura per i minorenni di Bologna guidata dalla procuratrice Silvia Marzocchi, ha convalidato
il fermo del 16enne accusato di omicidio volontario per la morte di Fabio Cappai. Per il giovane disposta la custodia cautelare nel carcere del Pratello di Bologna. (r.cr.)
Foto Isolapress
Giovane investito e ucciso a Imola, la madre dopo la sentenza: «Non c’è stata giustizia, mi sento discriminata»
Non si è fatta attendere la replica degli avvocati che tutelano i familiari di Mohamed Amine El Fatine, il giovane di 24 anni investito e ucciso in gennaio in via Mameli in centro a Imola da Vincenzo Iorio, condannato con rito abbreviato a 8 anni e 2 mesi (la Procura aveva chiesto 16 anni).
«Pur essendo soddisfatti del fatto che l”impianto giuridico sostenuto da noi e dalla Procura sia stato confermato, essendo stato riconosciuto l’omicidio volontario, siamo rimasti sorpresi dalla esigua entità della pena – dicono gli avvocati Gino Salvatori e Bahija Afouzar, che difendono la madre e la sorella, costituitesi parti civili –. In particolar modo, sembrerebbe che quella che inizialmente veniva considerata dalla Procura e dal giudice per le indagini preliminari, che aveva disposto la misura cautelare in carcere, una circostanza aggravante (il futile motivo), sia finita per diventare una circostanza attenuante. Ricorreremo in appello auspicandoci che lo stesso faccia anche la Procura.
Anche la madre di El Fatine, la signora Fidi Khadija, ha espresso il suo disappunto. «Quando mi hanno comunicato la sentenza, mi sono sentita ancora più straniera e discriminata nonostante questo sia il mio Paese. Ho sempre creduto nella giustizia, ma ritengo che questa volta non ci sia stata. Mi sento come se avessero ucciso mio figlio un”altra volta». (gi.gi.)
Nella foto la polizia in via Mameli dove è stato investito El Fatine (Isolapress)
Giovane investito e ucciso a Imola, Vincenzo Iorio condannato per omicidio volontario a 8 anni e 2 mesi
È stato condannato a 8 anni e 2 mesi di reclusione Vincenzio Iorio, accusato di omicidio volontario (le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi erano già state escluse) per aver investito nella serata del 5 gennaio 2020 in via Mameli, nel centro storico di Imola, con la Jeep, di proposito, Mohamed Amine El Fatine, 24 anni.
È questa la sentenza al termine del rito abbreviato (che consente uno sconto di un terzo della pena). Il pubblico ministero Anna Cecilia Maria Sessa aveva chiesto sedici anni, ma il giudice ha riconosciuto le attenuanti.
«È una sentenza che ci soddisfa, perché rende merito all”importante lavoro fatto, e ci solleva – commenta il legale di Iorio, Luca Sebastiani –. Ricordiamoci che il giorno in cui è stato arrestato, Iorio era accusato di omicidio pluriaggravato, dalla premeditazione e dai futili motivi, e rischiava l’ergastolo. Ora, invece, sono state riconosciute le attenuanti generiche e lo stato d”ira determinato da un fatto ingiusto altrui, quindi uno scenario differente».
All’origine di tutta la vicenda ci sarebbe la rapina di un iPhone subita dal figlio 17enne di Iorio pochi giorni prima che, stando a quanto denunciato da padre e figlio alla polizia, sarebbe stata messa in atto proprio da El Fatine con la minaccia di un cacciavite (fatto rigettato dai legali della famiglia di El Fatine). Un episodio al quale era seguita una violenta lite in via Appia nel corso della quale Iorio ed El Fatine erano arrivati pesantemente alle mani. Poi l’investimento. Iorio ha sempre sostenuto di non aver avuto intenzione di uccidere El Fatine, bensì di volerlo solo bloccare per dirgli di lasciare in pace il figlio, perché, a suo dire, avrebbe continuato a minacciarlo. Nella concitazione del momento, però, avrebbe sbagliato la manovra, centrando il giovane con la Jeep.
«Tutte le perizie cinematiche avvalorano la nostra versione – prosegue Sebastiani –. Attendiamo di leggere le motivazioni (occorreranno 60 giorni), ma necessariamente faremo appello chiedendo con convinzione che venga esclusa l’intenzione, consapevoli di avere buoni elementi probatori per farlo». Attualmente Iorio si trova agli arresti domiciliari.
Nella sentenza sono stati disposti anche i risarcimenti per i familiari della vittima, costituitisi parte civile. La provvisionale è di 15 mila euro ciascuno per compagna, madre, padre e sorella e di 30 mila euro per la figlia, che all’epoca aveva appena 20 mesi. Esclusi dai risarcimenti, invece, nonni, zii e un cugino. (gi.gi.)
Nella foto la polizia in via Mameli dove è stato investito El Fatine (Isolapress)
Giovane investito e ucciso a Imola, la madre dopo la decisione dei domiciliari per Iorio: «Scarcerazione incomprensibile»
Non si è fatta attendere la risposta degli avvocati che tutelano i familiari di Mohamed Amine El Fatine, il giovane di 24 anni investito e ucciso in gennaio in via Mameli in centro a Imola da Vincenzo Iorio. Da giovedì 2 aprile, dopo tre mesi di carcere, Iorio è infatti agli arresti domiciliari, sebbene su di lui pesi ancora la pesante accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione (esclusa invece l”aggravante dei futili motivi). «Ci rendiamo conto che a causa della grave emergenza sanitaria c’è la necessità di sfollare le carceri ed evitare il rischio di ulteriori contagi – dicono in una nota gli avvocati Gino Salvatori e Bahija Afouzar -. Riteniamo però che per la gravità del reato e per i chiari elementi di colpevolezza emersi nel corso delle indagini preliminari a carico dell’indagato, le esigenze cautelari non potevano ritenersi affievolite».
Anche la madre di El Fatine, la signora Fidi Khadija, ha espresso il suo disappunto. «Rispetto la decisione del giudice anche se non la comprendo perché mi sembra che come la vita di mio figlio non valeva molto tanto da essere barbaramente ucciso, così la sua morte non merita una giusta e severa risposta da parte dei giudici – dice -. Sono emersi tanti e gravi elementi a carico del signor Iorio che mi rendono ancora più incomprensibile la sua scarcerazione. Per queste ragioni, spero che la giustizia faccia il suo corso, senza in alcun modo essere influenzata dal fatto che mio figlio fosse di nazionalità marocchina, ma valutando esclusivamente tutte le circostanze del caso». (gi.gi.)
Foto Isolapress
Giovane investito e ucciso a Imola, Vincenzo Iorio esce dal carcere ed è agli arresti domiciliari
Dopo quasi tre mesi è uscito dal carcere e da ieri sera, giovedì 2 aprile, si trova agli arresti domiciliari. Si tratta di Vincenzo Iorio, 43 anni, accusato di omicidio volontario (senza l’aggravante dei futili motivi) per aver investito nella serata del 5 gennaio in via Mameli con la Jeep, di proposito, Mohamed Amine El Fatine, 24 anni.
La misura dei domiciliari, tra l’altro, arriva a stretto giro dal primo detenuto della Dozza deceduto dopo essere stato trovato positivo al Coronavirus. All’origine di tutta la vicenda ci sarebbe la rapina di un iPhone subita dal figlio 17enne di Iorio pochi giorni prima che, stando a quanto denunciato da padre e figlio alla polizia, sarebbe stata messa in atto proprio da El Fatine con la minaccia di un cacciavite (fatto rigettato dai legali della famiglia di El Fatine). Un episodio al quale è seguita, il 3 gennaio, una violenta lite in via Appia nel corso della quale il 43enne e il 24enne sono arrivati pesantemente alle mani (il giovane ne era uscito con una prognosi di 10 giorni per ferite medicate in pronto soccorso, mentre Iorio era stato denunciato per lesioni dalla polizia). «Abbiamo presentato un’istanza per un alleggerimento della misura cautelare e siamo soddisfatti di quanto deciso dal gip – commenta il legale di Iorio, Luca Sebastiani –. Ora ci concentreremo sul processo. Il mio assistito è più sereno».
Le indagini, coordinate dalla pm felsinea Anna Maria Cecilia Sessa, però, sono ancora in corso perché vi sono diversi punti da chiarire. Iorio ha sempre sostenuto che, in quel vicolo del centro storico, non aveva intenzione di uccidere El Fatine, bensì di volerlo solo bloccare per dirgli di lasciare in pace il figlio, perché, a suo dire, avrebbe continuato a minacciare il figlio. Nella concitazione del momento, però, ha sbagliato la manovra, centrando il giovane con la Jeep. Sulla dinamica dell’investimento è stata disposta anche una perizia cinematica. «Siamo ancora in attesa dell’esito della perizia e di quello dell’autopsia» conclude l’avvocato. (gi.gi.)
Giovane investito e ucciso, Vincenzo Iorio rimane in carcere ma il gip esclude l'aggravante dei futili motivi
Resta in carcere Vincenzo Iorio, 43 anni, accusato di aver investito in via Mameli con la Jeep, di proposito, Mohamed Amine El Fatine, 24 anni. Oggi il gip Alberto Ziroldi ne ha convalidato l”arresto con l”accusa di omicidio volontario. “Ma il giudice ha escluso l”aggravante dei futili motivi – sottolinea il suo legale, Luca Sebastiani -. E” un esito che non ci sorprende considerata la pesante contestazione e il breve lasso temporale trascorso dal fatto”.
All”origine di tutta la vicenda ci sarebbe la rapina di un iPhone subita dal figlio 17enne di Iorio pochi giorni prima che, stando a quanto denunciato da padre e figlio alla polizia, sarebbe stata messa in atto proprio da El Fatine con la minaccia di un cacciavite. Un episodio al quale è seguita, il 3 gennaio, una violenta lite in via Appia nel corso della quale il 43enne e il 24enne sono arrivati pesantemente alle mani (il giovane ne era uscito con una prognosi di 10 giorni per ferite medicate in pronto soccorso, mentre Iorio era stato denunciato per lesioni dalla polizia).
Le indagini della polizia, coordinate dalla pm felsinea Anna Maria Cecilia Sessa,però, sono ancora in corso perché vi sono diversi punti da chiarire. Iorio ha sempre sostenuto, sia con la polizia che davanti al gip, che la sera dell”Epifania, in quel vicolo del centro storico, non aveva intenzione di uccidere El Fatine, bensì di volerlo solo bloccare per dirgli di lasciare in pace il figlio, perché, a suo dire, avrebbe continuato a minacciare il figlio. Nella concitazione del momento, però, ha sbagliato la manovra, centrando il giovane con la Jeep. Sulla dinamica dell”investimento è stata disposta anche una perizia cinematica.
“Nei prossimi giorni valuteremo se rivolgerci al tribunale del Riesame o presentare istanza di applicazione degli arresti domiciliari” conclude il legale di Iorio. (gi.gi.)
Nella foto la polizia in via Mameli dove è stato investito El Fatine (Isolapress)
Giovane investito e ucciso in via Mameli, disposta autopsia e perizia cinematica. Parla il legale dell'arrestato
“Il mio assistito ha avuto un comportamento collaborativo sin dall’inizio, ha chiamato i soccorsi e ha risposto alle domande del pm a poche ore dal fatto. E’ sotto choc e distrutto psicologicamente, è un momento di dolore per tutti”. A parlare è l’avvocato Luca Sebastiani, legale di Vincenzo Iorio, il 43enne finito in carcere con la pesante accusa di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi (si attende ancora la convalida dell”arresto).
Iorio è accusato di aver investito di proposito con la Jeep Mohamed Amine El Fatine, 24 anni di origini marocchine ma residente a Imola, nella serata di domenica in via Mameli. All”origine di tutto ci sarebbe la rapina di un Iphone subita dal figlio 17enne di Iorio pochi giorni prima e, stando a quanto denunciato da padre e figlio alla polizia, messa in atto proprio dal 24enne con la minaccia di un cacciavite.
Un episodio al quale è seguita, venerdì 3 gennaio, una lite in via Appia nel corso della quale il 43enne e il 24enne erano arrivati pesantemente alle mani (quest”ultimo aveva rimediato una prognosi di 10 giorni, mentre il primo era stato denunciato per lesioni dalla polizia). Le indagini, però, sono ancora in corso perché vi sono diversi punti da chiarire. Per questo, saranno utili sia l’esito dell’autopsia sul corpo della vittima, sia la perizia cinematica sulla dinamica dell’investimento, entrambe disposte oggi.
“Quello che è successo non è ciò che avrebbe voluto il mio assistito – continua il legale di Iorio -. Valuteremo le prossime mosse, a partire da una richiesta di alleggerimento della misura cautelare”. (gi.gi.)
Nella foto il sopralluogo della polizia in via Mameli (Isolapress)