Con i «Baccargios» e le fate la Sardegna rinasce a Sesto
La scrittrice imolese Francesca Gianstefani ci racconta la storia di un gruppo di ragazzi che, immigrati sulle sponde imolesi del Sillaro, hanno riscoperto le tradizioni sarde che, un po’ per nostalgia e un po’ per amore, fanno rivivere con sfilate dove il ritmo ancestrale della natura viene rappresentato da maschere danzanti. Un’associazione che aspetta la fine dell’emergenza per poter tornare a sfilare in tutta la Romagna.
La frazione di Sesto Imolese è stretta tra i campi e i vitigni. Da qui, la Sardegna sembra lontanissima. Nelle sere d’inverno, soprattutto nello strano inverno di quest’anno, la sera cala qualcosa che assomiglia alla nebbia; uno strato di aria umida che nasconde e avvolge ogni cosa. Invece, appena si gira l’angolo e si guarda un po’ meglio, fra il grigiore che dirada, un angolo di quell’isola è proprio qua.
Salvatore Bassu si è trasferito nell’imolese all’inizio degli anni ’90. Racconta che fra sardi ci si riconosce d’istinto, è qualcosa che si sente dentro. Così si è avvicinato ad altri sardi, altri ragazzi e sono diventati amici.
Salvatore ha deciso di costruire una specie di capanna, con tanto di camino in muratura, dove potersi ritrovare nelle lunghissime giornate dell’inverno della bassa. È accogliente e calda, confortevole, ci si sente subito a proprio agio.
(…) Due anni fa Salvatore e Giuseppe Podda, seduti attorno al tavolo nella capanna, hanno deciso di voler creare un gruppo vero e proprio, ma gli serviva un nome. Si sono guardati intorno, fra le bandiere con i quattro mori e le birre Ichnusa, hanno visto una testa di bue appesa al muro. Allora, perché no, hanno deciso di chiamarsi Sos Baccargios, che in sardo significa vaccari, pastori di bovini.
Ulteriori particolari nel numero del Sabato sera del 7 maggio