Quando un post diventa luogo, la «Resistenza» dei ragazzi per «riabitare» la nostra città
In quest’anno così complesso è difficile progettare, creare e celebrare, perché ogni nostra azione sembra essere all’insegna del timore, della preoccupazione, del malumore, della disillusione. Le norme di precauzione hanno creato, necessariamente, misure restrittive che ci hanno separato dai nostri luoghi di affezione, così come dalle nostre comuni pratiche socializzanti, dalla scuola al tempo libero, straniandoci dalla nostra città, dai luoghi di cultura e di divertimento e in molti casi dai luoghi di lavoro, come se fossimo all’interno di un improbabile film distopico, senza sapere chiaramente quando potremmo tornare alla «normalità».
Di fronte a tale situazione il progetto Quando un Posto diventa un luogo che da alcuni anni, tramite Arte e Storia, accompagna – in occasione delle celebrazioni annuali della Resistenza – e dà vita con le Scuole ai luoghi simbolo della città, sembrava ragionevolmente saltato. In realtà però proprio l’indissolubile legame con il concetto di «Resistenza» ci ha messo nella condizione di riflettere e di renderci conto, invece, che quest’anno, più che mai, valeva la pena di mettere in atto un nuovo esercizio di memoria, di appartenenza e di recupero dello spazio umano e storico.
Dopo una prima idea di fare tutto on- line, abbiamo pensato che lo spazio andava ritrasformato in luogo, andava reso familiare anche alla luce dell’emergenza, e come abitarlo in sicurezza, dando rappresentanza dell’impegno dei ragazzi, se non con l’essenza della loro presenza: la voce e la memoria. Si stanno dunque raccogliendo le voci degli studenti di Imola che hanno aderito al progetto che oltre adottare con creazioni nuove il passato dei luoghi, stanno anche facendo una riflessione sul recente passato, che li ha visti vivere personalmente una libertà negata, chiedendosi «cosa mi ha tolto e cosa mi ha dato il Covid». Al contempo i nostri pensieri verranno anche trascritti in piccoli messaggi sui post-it, come facevano i partigiani, che in taluni casi riuscivano a improvvisare tipografie segrete per diffondere messaggi di libertà, così noi diffondere- mo le nostre riflessioni, rubate da brevi incontri on-line, attaccandole alla base dei monumenti in occasioni delle sobrie e simboliche celebrazioni. (Annalisa Cattani)
Approfondimenti e scuole coinvolte su «sabato sera» dell’1 aprile.