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Fino
Cronaca, News
19 Febbraio 2019

Fino al 28 febbraio si può chiedere l”autorizzazione alla macellazione dei suini per uso familiare

Scade il 28 febbraio nei comuni del circondario imolese l’autorizzazione per richiedere la macellazione per uso familiare dei suini. Le carni non potranno entrare nel circuito commerciale, ma solo essere consumate in quello domestico-privato. Un’attività che oggi sopravvive in campagna e non solo, anche se in misura certamente ridotta rispetto al passato, intanto perché si è sviluppata una forte salumeria industriale ed artigianale, in secondo luogo perché molti preferiscono ormai comprare direttamente dai macelli la carne necessaria per fare i propri insaccati.

Determinante la denuncia all’Ausl con almeno 24 ore di anticipo, per consentire ad un veterinario pubblico di effettuare i controlli sanitari di routine. Richieste sempre più in calo anche nel nostro territorio come ci conferma Gabriella Martini, direttore del Servizio veterinario dell’Ausl di Imola. «Nel periodo da dicembre 2017 a febbraio 2018 le richieste sono state 262; a dicembre 2017, in particolare, erano 145. A dicembre 2018, le richieste sono scese a 123. Un numero che quasi sicuramente non aumenterà di tanto nel corso dei prossimi giorni. Un calo dovuto al caldo di dicembre, ricordiamoci che la temperatura è condizione necessaria per la conservazione dell’insaccato, ma anche per la mancanza di persone anziane abili per questa attività e che hanno piacere di riproporre ai familiari, per la mancanza ormai di locali idonei, non ci sono più tante case di campagna adatte a questo scopo e per un consumo più limitato di carne, soprattutto di maiale, sulle nostre tavole».

Una mutazione che, comunque, non deve far diminuire anche le regole igienico-sanitarie per le quali tanto si raccomanda anche l’azienda Ausl e che vengono riportate su una dettagliata e precisa «istruzione operativa», rilasciata a chi fa la domanda per la macellazione. Ma questa diventa l’occasione per ricordare una tradizione antica contadina, che viene ripresa oggi nelle tantissime feste e sagre del nostro territorio. «Da diversi anni – ricorda Giovanni Bettini, presidente della Clai – alla Festa del contadino a Sasso Morelli organizziamo la “Corsa del salame”, una sorta di ruba bandiera con al centro, invece del solito fazzoletto, un salame, e “L’arte dei norcini”, la dimostrazione da parte dei nostri maestri salumieri della lavorazione delle carni per produrre salsicce, salami, coppe, ciccioli. Un modo per ricordare, o raccontare, le tradizioni contadine. Oggi in pochi allevano maiali per poi ucciderli e quindi lavorare la carne, ma in molti vengono nei nostri punti vendita per acquistare la carne e preparare poi in casa le confezioni di insaccati».

E c’è anche chi organizza a Castel San Pietro “La gara dei salami”. «Nel nostro territorio – racconta Luigi Roli, presidente onorario della Società ciclistica Dal Fiume, che da dodici anni propone questa iniziativa – ogni anno almeno circa 25 persone aderiscono a questa competizione, segno che nelle nostre abitazioni la tradizione è ancora molto presente. E tanti sono anche i giovani che partecipano. Questo ci fa ben sperare per il futuro».

L’uccisione del maiale, dicevamo. Un rito, una festa. Il maièl, porz, ninín, gonc’, insomma il maiale lo si comprava dal mercatino di passaggio e, mangiando di tutto, ingrassava fino a Natale, tanto che la sua grassezza testimoniava implicitamente il benessere della famiglia che lo aveva nutrito; poi lo si uccideva e si dava inizio a quella che era una delle feste più importanti dell’anno. Sì, perché, era una vera ricchezza per tutta la famiglia. Il re della tavola in Emilia Romagna. Da animale esempio di ogni vizio, ad arca di abbondanza. E se è vero che mangia di tutto, lui stesso è a sua volta mangiato per intero. (al.gi.)

L”articolo completo è disponibile su «sabato sera» del 14 febbraio

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