Un imolese al Conclave: Pokemon, i preti swag e «I love Jesus»
Ore 16 del 7 maggio 2025 e sono contento, piazza San Pietro ieri era proprio come speravo, cioè impossibile da capire, varia, frammentata, piena di voci, di colori, di facce. Mi stupiscono i reporter, quasi simili a me: vagano un po’ affamati alla ricerca di qualcuno da intervistare tra le migliaia di persone venute per il Conclave, per scoprire chi sarà il nuovo Papa, vedere la fumata bianca dal vivo. Sono tantissimi da tutte le parti del mondo, e parlano in tutte le lingue. Si sente quel vocio laborioso, c’è un’aria di festa.
Poi la gente. Rodolfo Varez, 32 anni, è arrivato a Roma da poco per studiare nel collegio salesiano, viene dalle Honduras, mi dice orgoglioso. Mi ha incuriosito per via delle spille dei Pokémon che ha messo nella tracolla della sua borsa, gli chiedo come mai, se gli piacciono, o se sono un regalo, lui mi guarda e fa: “Pokemon!? Sono un prete millennial!” ridiamo entrambi, è divertito dalla cosa. Mi racconta che sarà in piazza tutti i giorni perché vuole dare il suo contributo pregando. Prima della vocazione studiava per fare l’elettricista, ma si sentiva perso nel mondo, senza una meta, era dentro qualche gang in Honduras, piccola criminalità, cose così. Ora è felice per tante cose, anche per essere qui oggi.
Giacomo Riccardi, romano, 30 anni. Di lui mi ha colpito il cappello, è vecchio, liso, vissuto, e sopra c’è scritto: “I love Jesus”, è un cappello buffo, gli chiedo se ci crede davvero o se è una provocazione. Mi dice che ci crede, che Gesù di Nazareth era un grande, un anarchico, e che diceva cose assurde: “Che siamo tutti uguali, che gli ultimi saranno i primi, cose nuove a livello sociale eh”. Dice che sarà in piazza solo oggi, si è divertito ma fa troppo caldo. è venuto qui per fare qualche foto, prevalentemente agli outfit, che sono la sua passione: “Ce stanno certi preti che swaggano duro, lo sai cos’è lo swag? Certi abiti che li vedi solo qui” mi dice quasi esaltato, poi quando siamo sul punto di salutarci si fa serio, ci tiene a dirmi che qui è bello anche perché ti senti piccolo, una piccola cosa, e aggiunge che crede nel divino, ma non si domanda cosa sia, perché tanto sa che non può avere risposte.
Ilaria De Benedetto, 23 anni, invece dice di essere “nichilista, non mi interessa molto la cosa, la vivo con un certo distacco, osservo. Però è bello vedere come sono coinvolti gli altri, le persone, sentire quasi mio, alle volte, il loro coinvolgimento”.
Nina, 18 anni, è originaria della Georgia ma da due anni in Italia, studia lettere e filosofia alla sapienza. “Star qui è come essere parte della storia, questo è uno dei motivi per cui sono voluta venire a Roma”. Poi aggiunge “Non ho molte pretese sul prossimo Papa, mi basta che sia di larghe vedute, che capisca che i paesi sono tutti collegati, e che non stanno ognuno per conto suo”. Tornerà in piazza tutti i giorni fino a quando il Papa non sarà eletto, mi saluta così: “Non aspettavo altro”.
L’extra omnes è stato recitato alle 17.30, alle 21 il comignolo ancora non fuma, la piazza freme, l’attesa che ci tiene tutti e 50 mila qui è anche la remota idea che possano essere riusciti a trovare già una quadra la prima sera, l’idea serpeggia, è talmente assurda che inizia a galvanizzarci tutti, si, ci crediamo, siamo pronti. E invece no, niente. Fumata nera. Oggi si vedrà.
Roy Chiluzzi
Nella foto: alcune delle persone incontrate in piazza San Pietro per il Conclave in attesa della fumata