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Cronaca 25 Maggio 2023

Anteprima solidale del Baccanale «mediterraneo» questo weekend in centro a Imola

Una novità nel panorama degli eventi del territorio che, in seguito ai tragici eventi dell’alluvione e del maltempo, pone l’attenzione sulla solidarietà e diventa anche l’occasione per sostenere chi è stato più colpito. L’Anteprima Baccanale, in programma a Imola dal 26 al 28 maggio, vuole essere «anche l’occasione per promuovere concretamente l’impegno della nostra comunità a sostenere le famiglie e le realtà più colpite dall’alluvione che si è abbattuta nei giorni scorsi sul nostro territorio – dichiara l’assessore alla Cultura, Giacomo Gambi -. Infatti, è già stata manifestata da tanti esercizi commerciali aderenti la disponibilità a devolvere parte del ricavato delle giornate alla raccolta fondi attivata dal Comune con riferimento all’alluvione. Inoltre costituisce un’opportunità per valorizzare anche le nostre eccellenze enogastronomiche, in un momento particolarmente difficile per i produttori agricoli».

Nei tre giorni si lancerà il tema della tradizionale manifestazione autunnale che si terrà dal 21 ottobre al 12 novembre («mediterraneo»), con laboratori del gusto per bambini e adulti, spettacoli a tema, show cooking, proposte gastronomiche dei ristoranti imolesi, degustazioni e talk con la partecipazione di esperti, giornalisti, chef, gastronomi. Anteprima Baccanale vuole «declinare, in maniera originale, una manifestazione che rappresenta uno dei punti forti dell’autunno imolese ma che, tradizionalmente, è legata ad un periodo dell’anno e alla stagionalità dei prodotti ad esso legati» continua Gambi.

Piazza Matteotti sarà allestita con uno stand centrale che sarà il fulcro della manifestazione, che inaugurerà ufficialmente venerdì alle 17. In piazza con le proprie proposte a tema ci saranno tanti esercizi commerciali e attività, ma naturalmente sarà possibile degustare il Baccanale anche in bar e ristoranti che hanno deciso di proporre una specialità a tema.

Anteprima solidale del Baccanale «mediterraneo» questo weekend in centro a Imola
Cultura e Spettacoli 12 Aprile 2020

Da Valentino a Max Mascia, dopo i primi 50 anni la storia del ristorante San Domenico continua…

La seconda puntata sul San Domenico (la prima è pubblicata sul «sabato sera» del 2 aprile) è rivolta al presente e al futuro. Se le parole di Valentino rappresentavano 50 anni favolosi di attività, quelle di Massimiliano «Max» Mascia si rivolgono all’attualità, perché uno chef giovane, di soli 37 anni (quasi), deve guardare oltre il romanticismo, diventare imprenditore e far quadrare i conti, rivolgendosi anche alle ultime generazioni e ai loro mezzi di informazione, soprattutto ai social network.

Come sono stati i tuoi inizi?
«Da piccoli si è influenzati molto dagli esempi dei genitori o dei parenti. Durante l’infanzia entravo spesso al San Domenico per salutare gli zii, ma anche solamente per giocare nei giardini pubblici adiacenti al ristorante».

Ed è stato amore a prima vista?
«Ricordo soprattutto gli odori e i sapori. Ma anche gli altri sensi erano all’erta, vedendo il pane sfornato, i biscotti e tutti quei signori vestiti di bianco che si muovevano come a ritmo di musica. Quella è stata l’impronta mentale che ho ricevuto, che poi con gli anni si è trasformata in studio e in lavoro, sempre con una grande passione che mi spingeva ad andare avanti e migliorarmi».

Eravamo a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta.
«Esattamente. Tra l’altro nel periodo in cui Valentino era impegnato anche nel ristorante di New York. E forse anche quello ha influito, cioè il fatto di avere uno zio così importante, quasi mitico, che tornava coi regali da un mondo che si vedeva solamente attraverso i film. Non vedevo l’ora di diventare come lui».

I tuoi genitori ti hanno appoggiato in questa scelta?
«Assolutamente sì. E gliene sono grato. Mi hanno sempre fatto capire che potevo scegliere qualsiasi strada, a patto di affrontarla con decisione e serietà». (pa.za.)

Leggi tutta l”intervista a Massimiliano Mascia su «sabato sera» del 9 aprile

Nelle foto: Max Mascia in cucina e insieme allo zio Valentino Marcattilii e a Piero Lardi Ferrari

Da Valentino a Max Mascia, dopo i primi 50 anni la storia del ristorante San Domenico continua…
Cronaca 5 Aprile 2020

Tradizione e gusto insieme nei dolci della Pasticceria agricola di Veronica Pellegrino

Uno dei segreti della buona cucina sta nei buoni ingredienti. Lo diceva anche Gianni Mura, recentemente scomparso, ma firma indimenticabile de La Repubblica (e non solo) fra sport e cucina: «Quando hai le cose giuste sul tavolo, quando al mercato hai scelto bene, poi i piatti vengono buoni per forza». La differenza, insomma, inizia nel fare bene la spesa. Che gusto dà, quindi, una ricetta realizzata con materie prime autoprodotte? A riscoprire i sapori e i saperi di una volta è Veronica Pellegrino, pasticciera che per le proprie ricette utilizza per lo più ingredienti prodotti nell’azienda agricola di famiglia che divide con il marito Andrea Pasini, il Mielaio del guelfo, nella frazione imolese di Giardino. In due non hanno sessanta anni.

«Ho iniziato a fare mieli nel 2012 aprendo l’azienda agricola da zero – racconta Pasini-. La passione per le api me l’ha trasmessa mio nonno, poi ho coinvolto anche Veronica. Tre anni fa ci siamo trasferiti insieme da Imola a Giardino, interessati a una vita di campagna sana e semplice». Lei nel frattempo, già pasticciera, ha maturato l’idea di un laboratorio tutto suo nel quale poter applicare la medesima filosofia agricola, sogno che si è avverato all’inizio dello scorso anno. «Tutto è iniziato con un semplice forno professionale, all’inizio impastavo e stendevo tutto a mano. Oggi che il lavoro è aumentato ho un’impastatrice e una sfogliatrice, ma le forme, le farcite e le decorazioni sono ancora manuali – racconta Pellegrino -. La mia idea, artigianale e creativa, era quella di ricreare alcune ricette di pasticceria valorizzando prodotti agricoli, come il miele. Le mie preparazioni sono fatte con il 90 per cento di materie prime autoprodotte o provenienti da produttori diretti. Oltre al miele abbiamo iniziato anche a produrre il grano per la nostra farina. Se il risultato cambia? Provare per credere». (mi.mo.)

L”articolo completo è su «sabato sera» del 2 aprile

Tradizione e gusto insieme nei dolci della Pasticceria agricola di Veronica Pellegrino
Cronaca 4 Aprile 2020

In tempi di Coronavirus gli chef del territorio non spengono i fornelli, ma servono i clienti a domicilio

L’isolamento forzato ci ha tolto tante abitudini; una di quelle di cui probabilmente sentiamo più la mancanza è l’andare a pranzo o cena fuori. Che si trattasse di una pizza, di un piatto di pasta o di un invitante secondo poco importava: andare al ristorante era un modo non solo per nutrirsi, ma soprattutto per passare un paio di ore in compagnia, a «far delle chiacchiere». La pandemia ci ha costretto a cambiare la nostra routine, ma continua a risultare difficile, specialmente per chi vive dalle nostre parti, rinunciare a questa abitudine. Ecco allora che i ristoratori si sono attivati. Non potendo più accogliere clienti all’interno dei propri locali, tutti o quasi hanno iniziato a fornire servizio a domicilio.

Il nostro viaggio tra gli chef a domicilio parte dall’Hostaria 900, storico locale di viale Dante e prosegue poi con la trattoria E Parlamintè, ristorante in gestione alla famiglia Dal Monte dalla sua nascita, nel 1985. La terza tappa ci porta lungo la via Selice e più precisamente al ristorante La Volta, attività avviata nel 1981, per poi approdare in via Valsellustra, dove troviamo il ristorante Le Bistrot, gestito da Angelo Costa e Daniele Sangiorgi. Spostandoci in Vallata, il nostro viaggio culinario si conclude a Castel del Rio, dove troviamo il ristorante Il Gallo, gestito dalla famiglia Gurioli. (an.ca.)

L”articolo completo è su «sabato sera» del 2 aprile

Nella foto in alto da sinistra e poi in senso orario: La Volta, E” Parlamintè, Le Bistrot, Hostaria 900 e Il Gallo

In tempi di Coronavirus gli chef del territorio non spengono i fornelli, ma servono i clienti a domicilio
Cultura e Spettacoli 23 Novembre 2019

La storia degli spaghetti al pomodoro e il mito delle origini nel libro che Massimo Montanari presenta al Baccanale

Pochi piatti della cucina italiana possono vantare la valenza identitaria degli spaghetti al pomodoro. Non a caso ad essi vengono spesso associate parole come tradizione, origini e, appunto, identità. Ma non sempre a proposito. O meglio: non sempre con la piena consapevolezza del significato da dare alle parole. Nel suo libro «Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro» (ed.Laterza), che sarà presentato nel corso del Baccanale oggi, sabato 23 novembre alle 17.30 nella sala della biblioteca comunale di Imola, Massimo Montanari, professore ordinario presso il Dipartimento di storia, culture e civiltà dell’Università di Bologna e tra i massimie sperti di storia dell’alimentazione, dedica il primo capitolo proprio alla questione dell’uso dei termini. Un primo capitolo dal titolo «Parole. Maneggiare con cura» in cui l’autore mette in chiaro cosa si intende per origini.

«Spesso si tende a equivocare– sottolinea Montanari – perché si dà al termine “origini” il significato di “spiegazione” e non solo di “inizio”, per cui le origini diventano non solo l’inizio, ma ciò che spiega le cose. Da qui nasce la retorica sul tema dell’origine che garantisce, che deve essere controllata e protetta, che dà a questo termine un significato che lo storico non riconosce. C’è un avvio, c’è un’origine, ma poi ci sono eventi, incontri, atteggiamenti che danno il via a processi e producono cambiamenti. Lo storico è interessato a questo».

Intendere le origini in questo modo pare una sorta di rifugio dai cambiamenti.
«Ma allo storico interessa più lo sviluppo che l’origine. Il senso della storia è come si sono evolute le cose e perché. Le vicende che ho raccontato nel mio libro servono a mostrare che senza cambiamenti, senza eventi, senza storia non succederebbe nulla. Parto dalle osservazioni di Marc Bloch, il maggiore storico del Novecento, che polemizza sull’idolo delle origini (lo chiama proprio così: idolo) usando l’esempio della ghianda che ha bisogno di incontrare un suolo adatto, e poi acqua, e poi nutrimenti per crescere e diventare una quercia. Ecco, la metafora della pianta va usata fino in fondo: nessun seme diventa un albero senza condizioni favorevoli. La storia insegna: sono gli incontri tra esperienze diverse che danno sapore alle vicende della vita».

Veniamo alla storia degli spaghetti al pomodoro: leggendo il libro si resta sorpresi dai processi che hanno portato nei secoli alla nascita di questo piatto. Innanzitutto, lei sfata un mito: la pasta non è stata fatta conoscere in Italia da Marco Polo di ritorno dalla Cina.
«È una leggenda, anzi una falsa notizia, perché la pasta era già conosciuta in Italia al tempo di Marco Polo. La prima area di diffusione è la Sicilia, dove si erano incrociate e incontrate varie tradizioni: quella greco-romana, che conosceva la pasta come uno dei tanti modi per usare la farina di grano con l’acqua, ma non come genere alimentare, poi quella proveniente dalla Persia e quella araba. Il nostro modo di usare la pasta risale al Medioevo e all’uso della pasta che si faceva nella cucina araba. Ed è solo nel Medioevo che la pasta diventa una vera categoria, un genere a sé stante». (mi.ta.)

L”intervista completa è su «sabato sera» del 21 novembre

Nelle foto: la copertina del libro, Massimo Montanari e un piatto di spaghetti al pomodoro, simbolo della gastronomia italiana

La storia degli spaghetti al pomodoro e il mito delle origini nel libro che Massimo Montanari presenta al Baccanale
Cronaca 2 Novembre 2019

Leonardo protagonista del Baccanale con tre visite guidate e degustazioni curate da If Imola Faenza e ufficio Iat

Leonardo protagonista anche al Baccanale. «Imola ai tempi di Leonardo – Visitare una città e gustare il territorio» è infatti il titolo di un”iniziativa che If Imola Faenza Tourism Company e l’Ufficio Iat del Comune di Imola propongono per le prime tre domeniche della rassegna enogastronomica imolese: il 3, il 10 e il 17 novembre.  Si tratta di tre visite guidate, seguite da altrettante degustazioni di piatti storici della tradizione imolese, che saranno altrettante occasioni per immergersi nelle atmosfere della città rinascimentale, a cavallo tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, seguendo tre diversi itinerari.

Domenica 3 novembre (ritrovo alle 10 alla Biblioteca Comunale), l”appuntamento è con «Pensa passare a Imola nel 1502 – Libri e documenti in biblioteca e in archivio», con degustazione finale a base di cappelletti. Il 10 novembre (ritrovo sempre alle 10 ma alla Rocca Sforzesca, in piazzale Giovanni dalle Bande Nere) , al centro dell’attenzione sarà l’«Architettura civile e militare nella città rinascimentale», seguito da degustazione di garganelli con prosciutto e scalogno. Infine, il 17 novembre, a palazzo Sersanti, in piazza Matteotti 8 (sempre alle 10) sarà la volta di «Dalla città medievale alla città rinascimentale: la Platea Magna e il Palazzo Riario poi Sersanti», con inizio sempre alle 10. In questo caso la degustazione avrà come protagonista la vera torta di Imola.

La durata di ogni visita è un’ora e mezza, saranno condotte da una guida turistica abilitata e si concluderanno nei locali dello Iat di Imola (Galleria del Centro Cittadino) con la degustazione, con abbinamento di vino a cura dei sommelier dell’associazione Voluptates. Ogni visita costa 10 euro (prenotazione obbligatoria, massimo 30 persone). Per informazioni e prenotazioni: Ufficio Iat, Tel. 0542 602207. (r.cr.)

Leonardo protagonista del Baccanale con tre visite guidate e degustazioni curate da If Imola Faenza e ufficio Iat
Cultura e Spettacoli 2 Novembre 2019

Tutto apparecchiato per l'edizione 2019 del Baccanale

Riscoprire la tradizione culinaria attraverso arte e letteratura, incontri e degustazioni, spettacoli e menù a tema, visite guidate e scuole di cucina. È dedicato al «gusto dei ricordi», come suggerisce il titolo della manifestazione, il Baccanale 2019, al via domani, domenica 3 novembre, a Imola con la cerimonia di apertura al teatro comunale Ebe Stignani alle 17.30 che prevede, oltre al saluto delle autorità, un intervento dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari e una lettura proustiana eseguita dall’attore Leo Gullotta. Complessivamente, quest’anno il Baccanale conta centosei appuntamenti, fino al 24 novembre, per grandi e piccoli, cui si aggiungono trentanove ristoranti con menù dedicati e quattro scuole di cucina per mettersi in gioco in prima persona.

Info sul sito del Baccanale. (mi.mo.)

Articolo completo e tutti gli appuntamenti su «sabato sera» del 31 ottobre.

Tutto apparecchiato per l'edizione 2019 del Baccanale
Cronaca 31 Ottobre 2019

La delegazione imolese dell'Accademia italiana della cucina ha premiato il Pastificio Bettini

«Il segreto della buona pasta fatta a mano? L’amore, tanto amore, e passione. La pasta la devi accarezzare come si accarezza una donna». Parola di Maria Camaggi, che nel 1990 ha aperto, insieme al marito Graziano Bettini, il laboratorio di pasta fresca Pastificio Bettini. A loro, giovedì della settimana scorsa, la delegazione di Imola dell’Accademia italiana della cucina ha consegnato il premio «Massimo Alberini». Istituito nel 2014 ed intitolato al cofondatore dell’Accademia nonché vicepresidente onorario della stessa, tale riconoscimento viene assegnato a quegli esercizi commerciali estranei all’Accademia che da lungo tempo, con qualità costante, offrono al pubblico alimenti di produzione propria, lavorati artigianalmente con ingredienti di qualità eccellente e tecniche rispettose della tradizione del territorio.

E l’occasione della consegna è stata la «cena ecumenica» svoltasi all’agriturismo ristorante Frascineti, in cima alle colline dei Tre Monti, ad Imola. Ogni terzo giovedì del mese di ottobre, infatti, l’Accademia della cucina propone questa iniziativa, che vede tutte le 220 delegazioni italiane e le 80 situate all’estero ritrovarsi per una riunione conviviale dedicata allo stesso argomento. «La “cena ecumenica” rappresenta un’occasione per sviluppare attraverso la convivialità, i valori della cucina italiana, con la valorizzazione degli elementi identitari del cibo, non solo con la sua genuinità ed originalità, ma anche attraverso un menu rappresentativo delle caratteristiche delle cosiddette “tre T” che caratterizzano la cucina italiana: tradizione, territorio e tecniche originali», ha spiegato Antonio Gaddoni, il delegato di Imola dell’Accademia della cucina. E in quest’ultima occasione, il tema scelto era «la pasta fresca, ripiena e gli gnocchi nella cucina della tradizione regionale». Un tema ben posto al centro del menu della serata proposto dall’agriturismo Frascineti, in un trionfo di formati e sapori, dai tortelli di ricotta burro e salvia ai garganelli pancetta e scalogno, dalle tagliatelle al ragù di prosciutto agli strozzapreti al ragù, unitamente al coniglio al forno, altro cavallo di battaglia della cucina del ristorante dell’agriturismo, ai cui titolari, a fine serata, Antonio Gaddoni ha consegnato il gagliardetto dell’Accademia e la vetrofania.

L’occasione giusta, quindi, per consegnare anche il meritato riconoscimento ai fondatori del Pastificio Bettini. Già gestori di un negozio di alimentari, Maria Camaggi ed il marito Grazian oBettini hanno avviato l’attività di produzione di pasta fresca al dettaglio poco meno di trent’anni fa, prima in via  Selice, ed ora invia Cavour, riuscendo nel tempo a crescere e farsi conoscere eapprezzare anche da rinomati ristoranti del territorio, come il San Domenico, ed anche da una società di catering fornitrice dei Gran premi di Formula Uno nel mondo e degli Internazionali dit ennis di Roma. Tanto da ricevere encomi da chef del calibro di Valentino Marcattilii e Massimo Bottura, tanto per fare qualche nome. (r.cr.)

L”articolo è su «sabato sera» del 24 ottobre

La delegazione imolese dell'Accademia italiana  della cucina ha premiato il Pastificio Bettini
Economia 18 Settembre 2019

Gli imbutini brevettati dall'ozzanese Flavia Valentini conquistano la grande distribuzione

E alla fine gli imbutini sono spuntati sugli scaffali della grande distribuzione. Il formato di pasta inventato e brevettato dall’ozzanese Flavia Valentini ce l’ha fatta. L’avevamo «lasciato» in uno stand gastronomico alla Fiera della Centonara, poi si era timidamente affacciato in un forno di Ozzano, ma da qualche giorno eccolo apparire in confezioni da 250 grammi nel banco frigo del Conad di via Mazzini, sempre in quel di Ozzano. Oltre la tipologia fatta con il normale impasto all’uovo (da galline allevate a terra), c’è anche la versione con l’ortica.

La favola dell’imbutino è partita con Flavia Valentini, 60 anni, di mestiere coordinatrice infermieristica con la passione per la cucina, che un giorno trova uno strano tagliapasta in un mercatino degli oggetti usati. All’improvviso l’idea: una semplice piega ed ecco che viene fuori un imbutino. Nessun ripieno ma un goloso spazio vuoto, che si presta ad ospitare qualsiasi sugo. Due anni fa Flavia viene messa in contatto con Luca Tommasi, progettista e titolare di uno studio tecnico ad Argelato, «Cad Project», che disegna e costruisce macchine automatiche. La sua invenzione culinaria l’entusiasma.

Fatta la macchina occorre un laboratorio che produca il nuovo formato di pasta in quantità. E qui veniamo all’oggi. «Mi sono rivolta alla Cna di Bologna per mettermi in contatto con delle aziende produttrici di pasta– racconta Flavia –. A Minerbio ho trovato il laboratorio L’arte della pasta Srl che ha adottatola nostra macchina inserendola nella propria linea di produzione».

Il modello degli imbutini è depositato presso la Uami, l’agenzia con sede ad Alicante, in Spagna, competente a livello europeo per la registrazione di marchi, disegni e modelli. (ti.fu.)

L”articolo completo è su «sabato sera» del 12 settembre

Nelle foto: Flavia Valentini e un piatto di imbutini

Gli imbutini brevettati dall'ozzanese Flavia Valentini conquistano la grande distribuzione
Cultura e Spettacoli 5 Settembre 2019

Tutto pronto per la «Festa della tagliatella», a Ponticelli un inno alla pasta che piace a grandi e piccoli

«Le tagliatelle di Nonna Pina, un pieno di energia, effetto vitamina, mangiate calde col ragù, ti fanno il pieno per sei giorni ed anche più». Un inno al formato di pasta filante e gustoso è arrivato anche dal Piccolo Coro dell’Antoniano e dallo Zecchino d’oro. Perché le tagliatelle piacciono a tutti, grandi e piccoli. Ne è una prova la «Festa della tagliatella» che ritorna a Ponticelli con la sua ventinovesima edizione il 6, 7, 8, 13, 14 e 15 settembre.

Nello stand gastronomico – che apre alle 19 il venerdì e il sabato, alle 12 e alle 18.30 la domenica – è proposto un menù con tanti primi, secondi quali tagliata o maialino alla griglia… il tutto annaffiato con vini delle cantine “Morini wines”, “Fondo Ca’ Vecja” e “Cenni Andrea e Olindo”.  Uno spazio con i gonfiabili è attrezzato per i bambini, e durante la festa si terranno manifestazioni sportive negli impianti della polisportiva. Tutte le sere, poi, siballa in allegria: venerdì 6 con l’Orchestra Nanni, sabato 7 con Maurizio Guzzinati, domenica 8 con Stefania Ciani, venerdì 13 con l’Orchestra Gavioli, sabato 14 con Elisa e le brillanti note,domenica 15 con l’Orchestra Renzo, Luana e Mauro. (r.c.)

Tutto pronto per la «Festa della tagliatella», a Ponticelli un inno alla pasta che piace a grandi e piccoli

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