Cronaca

L'ex assessore Raffini sullo sviluppo del territorio: «No consumo suolo zero a priori, ma valutare caso per caso»

L'ex assessore Raffini sullo sviluppo del territorio: «No consumo suolo zero a priori, ma valutare caso per caso»

Nelle scorse settimane abbiamo ricevuto in redazione una lettera in cui si esponeva il caso di un grande gruppo italiano intenzionato a costruire un nuovo stabilimento a Imola, creando così decine di posti di lavoro, e che si è visto bocciare il progetto dall’Amministrazione comunale in virtù del principio del consumo di suolo zero. «Il sindaco di Castel San Pietro, molto acuto – puntualizza la lettera – ha preso la palla al balzo e, udite udite, ha invitato l’azienda a costruire a Poggio. Terribile perdita per Imola». Dopo aver appurato che quanto sostenuto dal nostro lettore corrisponde al vero (ma i diretti interessati preferiscono non intervenire in merito), ci siamo trovati ancora una volta di fronte alla questione dell’effettiva attrattività del territorio imolese per le imprese che intendono insediarsi o ampliarsi qui.

Proprio per cercare di arginare il problema, l’ex assessore allo Sviluppo economico Pierangelo Raffini nel maggio 2016 aveva dato avvio al progetto Manufacturing zone restart, che metteva in campo una serie di facilitazioni per gli investitori. In questo modo una decina di imprese hanno scelto di puntare su Imola: Teapak, Medi-Care Solutions e Label-Aire, per citare le principali. Abbiamo incontrato Raffini, che oggi si occupa di sviluppo del business per la società di innovazione tecnologica Antreem, nella torre direzionale verde-nera Top code,da cui con lo sguardo si abbraccia tutta la zona industriale imolese.

Raffini, è possibile conciliare lo sviluppo economico-produttivo di un territorio con il principio del consumo zero di suolo?
«A mio parere, non bisogna basarsi sul preconcetto del consumo di suolo zero. Imola è già di per sé una città molto verde. Un conto è chiedere di utilizzare 20 mila metri quadri di terreno per farci un piazzale dove parcheggiare dei camion. In questo caso anch’io sono contrario, perché un investimento di questo tipo non porta sviluppo economico, ma solo svantaggi dal punto di vista ambientale. Quando però ci sono imprese che vogliono espandersi, a fronte di un piano industriale che prevede l’assunzione di decine di persone, bisogna essere realisti. Occorre valutare caso per caso. In un momento come questo, non ci si può permettere il lusso di dire dei no a priori. Io sono il primo a non volere consumo di suolo; da assessore avevo anche la delega all’Agricoltura, vengo da quel mondo, è importante che una parte del territorio rimanga agricola, ma in queste situazioni bisognerebbe usare il bilancino. “Cum grano salis”, come dicevano gli antichi. Magari si possono siglare degli accordi “do ut des”, che impegnino l’azienda a rendere verde un’altra zona».

L’utilità del progetto Manufacturing zone è stata riconosciuta anche dall’attuale Amministrazione, che ha scelto di mantenerlo, nonostante la tendenza a dare un taglio netto a tutto quanto fatto dai predecessori…
«Con l’attuale assessore Patrik Cavina il confronto è stato sempre onesto. Non voglio dare consigli a chi oggi amministra, non voglio fare il solone né insegnare agli altri. Racconto solo la mia visione personale,frutto della mia esperienzadi impresa». (lo.mi.)

L”intervista completa è su «sabato sera» del 5 settembre

Nella foto l”assessore della Giunta Manca allo Sviluppo del territorio Pierangelo Raffini

1 Comment

  • Che il sindaco di Castel S.Pietro Terme viva di solo cemento e asfalto è cosa nota, che l’uomo non possa vivere di sola agricoltura, anche, ma che si debba forzatamente cementificare terreno agricolo, anziché utilizzare aree industriali dismesse, non necessariamente ad Imola se non ci sono, non significa essere contro lo sviluppo sostenibile.
    Quindi, caro Raffini, delle due l’una: o si valutano responsabilmente le richieste di cementificazione nel rispetto delle compatibilità ambientali del proprio territorio, oppure continuiamo come negli ultimi 70 anni, ignorando gli appelli sul clima, sul consumo di suolo agricolo, sui danni idro-geologici derivanti dalla cementificazione speculativa, ecc, ecc.
    Dobbiamo solo decidere se essere coerenti, o meno, nel contrastare i danni causati dall’iperattività cementificatoria dell’uomo: mettere in campo una serie di facilitazioni per gli investitori, a fronte di nuovi insediamenti, in presenza di innumerevoli capannoni vuoti o aree già compromesse, non è una buona scelta.

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