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Cronaca 15 Ottobre 2022

Il sostegno alla ricerca scientifica sulla fibrosi cistica «pedala» sulla Ciclovia del Santerno

Salire in sella e pedalare per dare respiro alla ricerca. Su queste basi si tiene la biciclettata che la delegazione di Imola e Romagna della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica organizza nella mattinata di domenica 16 ottobre, per dare una spinta ulteriore e sostanziale alla scoperta di una cura definitiva contro la malattia genetica più diffusa.

Cinque saranno i territori che ospiteranno l’evento e che verranno percorsi lungo la nuova Ciclovia del Santerno, da decine di ciclisti amatoriali provenienti da tutto il circondario. Appuntamento alle 9.30 nella piazza Borgo General Vitali di Mordano, da cui partirà il primo gruppo di partecipanti in direzione del parcheggio ex Riverside, in via Pirandello, a Imola. Qui, alle 10.15, troveranno i Ciclamini solidali che sostengono la ricerca sulla fibrosi cistica, offerti dai rappresentanti della Delegazione. La pedalata proseguirà poi verso Casalfiumanese, Borgo Tossignano e infine Fontanelice, dove i partecipanti verranno accolti con la crostata dell’Antico Forno Tombarelli.

Sarà possibile aderire all’evento con un’offerta libera a partire da 10 euro. A Mordano e a Imola, ai ciclisti verrà fornito il«kit pronti e via». Tutte le offerte raccolte saranno destinate al progetto di ricerca in fibrosi cistica FFC 8/2022 adottato dalla Delegazione.

Per maggiori informazioni: Patrizia 347 9616369. (r.cr.)

Nella foto di archivio la Ciclovia del Santerno

Il sostegno alla ricerca scientifica sulla fibrosi cistica «pedala» sulla Ciclovia del Santerno
Cronaca 29 Luglio 2021

Una ricerca da premio con le radici a Imola, finanziamento negli Usa per il medico Enrico Cocchi

Imolese, 31 anni, amante della bicicletta, questo potrebbe essere l’identikit di Enrico Cocchi, manca solo la cosa più importante: ha appena vinto i 100 mila dollari messi in palio dall’American Society of Nephrology, la più importante società mondiale nel campo della nefrologia. Cocchi è un ricercatore, attualmente in forze alla Columbia University di New York, ed è il primo italiano ad aggiudicarsi la prestigiosa Jared J. Grantham Research Fellowship. Con questo finanziamento potrà continuare il suo progetto sul ruolo delle mutazioni somatiche nelle malattie renali. «Se me lo avessero raccontato quando ero un ragazzino non ci avrei creduto – racconta -. È senz’altro frutto di lavoro e impegno, ma bisogna anche saper cogliere le occasioni e non farsi spaventare dal futuro. Per assegnare questo genere di premi viene fatta una valutazione complessiva del candidato oltre alle potenzialità innovative dell’idea. È il riconoscimento del lavoro svolto negli ultimi dieci anni».

Nei giorni scorsi il sindaco Marco Panieri ha ricevuto in Municipio Enrico Cocchi, giovane ricercatore imolese che ha vinto il prestigioso premio per progetti di ricerca genetica dell”American Society of Nephrology, la più importante società mondiale nel campo della genetica delle malattie renali.  «L’incontro è stata l’occasione per esprimere i più fervidi complimenti a Enrico Cocchi, che rappresenta un grande orgoglio per Imola, una città che si dimostra capace, con la sinergia fra le sue realtà, di sfornare eccellenze e creare legami per nuove opportunità» ha commentato il primo cittadino, che gli ha donato la riproduzione in ceramica del Grifo, simbolo della città ed il libro fotografico dei recenti Campionati del Mondo di ciclismo disputati nel nostro territorio, nel settembre 2020. (r.cr.)

L’intervista ad Enrico Cocchi, e il racconto di come ha cominciato ad amare lo studio solo grazie ad un professore dell’Agraria, sul «sabato sera» del 22 luglio.

Nella foto: il sindaco Panieri insieme ad Enrico Cocchi 

Una ricerca da premio con le radici a Imola, finanziamento negli Usa per il medico Enrico Cocchi
Cronaca 14 Luglio 2021

Il futuro del Ramazzini, la cooperativa della ricerca

La coop. Istituto Ramazzini è una realtà unica, nata dall’intuizione dell’oncologo Maltoni, che porta avanti studi indipendenti contro il cancro, attività di prevenzione e divulgazione. Il poliambulatorio di Ozzano oggi «ha le potenzialità per diventare punto di riferimento anche per il territorio imolese» ha sintetizzato il neo presidente Fabrizio Sarti. Tra le ricerche in corso quelle sul glifosato e sulla radiofrequenza, le emissioni delle antenne sulle quali la direttrice scientifica Belpoggi è intervenuta anche al Parlamento europeo. (r.cr.)

Su «sabato sera» del 15 luglio l’intervista al presidente Fabrizio Sarti, il parere della direttrice scientifica del Ramazzini, Fiorella Belpoggi, su antenne e 5G ed, infine, numeri e nomi del nuovo Cda della cooperativa.

Nella foto: l’Istututo Ramazzini a Ozzano 

Il futuro del Ramazzini, la cooperativa della ricerca
Cronaca 22 Marzo 2021

L’istituto Ramazzini festeggia i 50 anni di attività

«L’istituto Ramazzini è una grande nave da crociera in mezzo al mare della scienza e noi siamo i marinai». Con queste parole la presidente della sezione imolese Carla Lamieri descrive il ruolo e l’importanza dei soci volontari nel sostenere l’attività dell’istituto Ramazzini, che proprio quest’anno compie i 50 anni di attività nel campo della ricerca per la prevenzione dei tumori e delle malattie di origine ambientale.

Fondato nel 1971 da Cesare Maltoni nel Castello di Bentivoglio, tuttora sede del centro di ricerca, con il passare del tempo ha aperto un poliambulatorio in via Libia a Bologna e, dal 2015, anche a Ozzano Emilia lungo la via Emilia. Partendo da un progetto sperimentale sulla cancerogenicità del cloruro di vinile, un composto utilizzato soprattutto per la produzione di polimeri plastici (Pvc), negli anni sono state portate avanti ricerche su additivi delle benzine, farmaci, pesticidi, zuccheri artificiali, onde elettromagnetiche, 5G, pesticidi e glifosato, tanto per fare qualche esempio. In questi cinquant’anni nei suoi laboratori sono stati analizzati oltre 200 composti. «Siamo secondi al mondo alle spalle del National Toxicology Program del Governo statunitense, che, a differenza del Governo italiano, sostiene economicamente l’attività del Ramazzini» rivendica Lamieri. (gi.gi.)

Approfondimenti su «sabato sera» del 18 marzo.

Foto dal sito web dell’istituto Ramazzini

L’istituto Ramazzini festeggia i 50 anni di attività
Cronaca 13 Febbraio 2021

Quando la ricerca diventa fumetto, anche Fondazione Iret nel progetto vincitore del premio «L’Europa è qui» della Regione

Sfruttare il potenziale dello storytelling a fumetti per divulgare la ricerca scientifica in maniera innovativa. Questa la scelta operata da Mat2Rep, il progetto di ricerca sui biomateriali multifunzionali per l’autoriparazione di organi e tessuti, che vede capofila Fondazione Iret di Ozzano e il Tecnopolo di Bologna “Rita Levi-Montalcini” e che ha scelto di raccontare attraverso il fumetto la propria sfida.

Le tavole che raccontano il progetto, finanziato grazie ai Fondi europei di sviluppo regionale, realizzate dal ricercatore Antonio Baldassarro, sono fra i vincitori del Premio della Regione Emilia-Romagna «L’Europa è qui», assegnato al racconto delle storie di lavoro, studio, innovazione tecnologica e digitale destinatarie dei Fondi. La premiazione si è svolta ieri, venerdì 12 febbraio alle 15.30, in diretta streaming sulla pagina Facebook della Regione Emilia-Romagna, alla presenza della vicepresidente della Regione Elly Schlein, dell’assessore Regionale Vincenzo Colla e dei direttori generali Morena Diazzi e Francesco Raphael Frieri.

Una sfida, quella di Mat2Rep, che si è deciso di raccontare attraverso un segno grafico stilizzato e una modalità cartoon: il fumetto di Baldassarro, lui stesso un ricercatore di Iret, introduce con immediatezza all’oggetto della ricerca, raccontandone fasi e sviluppo, stato dell’arte e obiettivi. La ricercatrice protagonista della narrazione guida il lettore all’interno dei laboratori clinici, tra provette, filamenti neuronali e test in vitro. Il fumetto si fa linguaggio di mediazione tra tematiche ostiche ed estremamente specialistiche e il pubblico: la scienza non è un universo distante, la ricerca ha ricadute concrete, reali e misurabili sulla vita di ciascuno. (da.be.)

Nella foto: il fumetto vincitore del premio

Quando la ricerca diventa fumetto, anche Fondazione Iret nel progetto vincitore del premio «L’Europa è qui» della Regione
Cronaca 16 Maggio 2020

L'Iret di Ozzano è tra i laboratori autorizzati dalla Regione ad effettuare i testi sierologici per i privati

Tra i laboratori autorizzati dalla Regione Emilia-Romagna, ad effettuare i test sierologici sul Covid-19 per i privati cittadini e per le aziende che ne fanno richiesta, c’è anche il laboratorio della Fondazione Iret Onlus di Ozzano Emilia, ente di ricerca scientifica specializzato nello studio delle malattie degenerative del sistema nervoso. Sul sito internet (www.iretfoundation.org) campeggiano già le informazioni utili per poter accedere al test.

Laura Calzà, direttrice scientifica della Fondazione, cosa sono i test sierologici e qual è la differenza rispetto al tampone nasofaringeo?
«Mediante il tampone nasofaringeo si ricerca la presenza del virus; con i test sierologici si ricerca la presenza delle immunoglobuline, che rappresentano una delle risposte dell’organismo all’incontro con il virus».

La Regione Emilia Romagnaha ristretto il campo dei test a quelli da lei stessa «validati». Voi quale tipo effettuate?
«Dobbiamo per prima cosa distinguere tra i test da sangue capillare (pungidito o rapidi) e quelli da sangue venoso (prelievo standard). Questi ultimi si stanno mostrando più attendibili, ma anch’essi, come tutto in questa malattia, sono “nuovi” ed è necessario testarli per conoscere le loro caratteristiche tecniche. Chiariamo, non sono nuove le metodiche dei test, bensì i reagenti sviluppati per individuare le immunoglobuline specifiche per questo virus. Ed è del tutto normale che sia necessaria una sperimentazione sul campo comparativa per capire quali, fra i prodotti commerciali, siano i più affidabili e sensibili. È la procedura normale, e bene ha fatto la Regione a condividere una lista di fornitori già verificati. Noi partiamo con il test Elisa (acronimo di Enzyme linked immunosorbent assay), ma siamo pronti anche per il Clia (chemiluminescenza), entrambi su sangue venoso». (mo.or.)

L”intervista completa è su «sabato sera» del 14 maggio

Nella foto Laura Calzà

L'Iret di Ozzano è tra i laboratori autorizzati dalla Regione ad effettuare i testi sierologici per i privati
Cronaca 28 Marzo 2020

La storia di Giuliana Panieri, da Medicina alla Norvegia per studiare i ghiacci dell'Artico

La professoressa medicinese Giuliana Panieri, che lavora e vive in Norvegia con la sua famiglia da sette anni, studia i ghiacci dell’Artico o, per essere più precisi, i gas idrati (ossia il metano allo stato solido) e i forams, piccolissimi organismi fossili che possono fornire innumerevoli informazioni sull’ambiente e il clima. Attraverso le ricerche geologiche possiamo avere una fotografia del passato del nostro pianeta.

Domanda scontata dunque, che cosa dobbiamo aspettarci per il futuro del nostro Pianeta?
«Qualche settimana fa sono stati registrati 20 gradi a sud della Norvegia e qui a Tromsø, che si trova oltre il Circolo polare artico, abbiamo avuto pochissima neve e una sola settimana di freddo in linea con le temperature stagionali. La temperatura globale si sta alzando molto velocemente. Quello che dobbiamo cercare di capire è quali saranno gli effetti, sulla natura e sull’uomo, di questi cambiamenti climatici».

C’è chi obietta che il clima è sempre cambiato, in altre epoche storiche o geologiche si sono registrati importanti mutamenti climatici. Secondo la scienza dunque, che cosa è cambiato?
«La storia geologica della terra ha registrato variazioni climatiche molto importanti, ma sono state variazioni naturali, che avvenivano nell’arco di molto tempo. Quello a cui assistiamo oggi è anomalo perché semplicemente troppo veloce. Come reagirà la terra a tutto questo? Il pianeta sopravvivrà sicuramente, sono le condizioni di vita sul pianeta stesso che possono cambiare in modo tale da renderla impossibile. Il mondo scientifico su questo è unanime: le variazioni climatiche sono troppo veloci e quindi anomale, non naturali, ma condizionate in modo esponenziale dall’attività umana». (mo.or.)

Nella foto: la Panieri (in tuta arancione) con alcuni colleghi francesi, tedeschi e turchi sui ghiacci artici durante una spedizione e un primo piano della professoressa medicinese

La storia di Giuliana Panieri, da Medicina alla Norvegia per studiare i ghiacci dell'Artico
Cronaca 30 Gennaio 2020

La musica di Bach e Mozart al pollaio sociale di Toscanella per migliorare la produzione delle uova

Galline cullate dai brani di Johann Sebastian Bach e di Wolfgang Amadeus Mozart, per migliorare la produzione delle uova. Succederà presto anche alle circa settanta ospiti del pollaio sociale di Toscanella di Dozza, gestito dalla cooperativa sociale imolese Seacoop. «Molte sperimentazioni scientifiche hanno oramai attestato un miglioramento dei comportamenti e delle produzioni di alcuni animali (mucche e galline) e piante (bananeti e vigneti) in un ambiente in cui risuona la musica classica, in termini sia quantitativi che qualitativi» spiega Simona Landi, responsabile della comunicazione della cooperativa.

Già dieci anni fa, nel proprio blog, il fondatore (attualmente presidente onorario) del Wwf Fulco Pratesi pubblicava un intervento dal titolo più che mai eloquente: «Mozart fa bene non solo alle mucche». Sembra, infatti, che il compositore austriaco e il suo collega tedesco siano i due autori maggiormente apprezzati dagli animali e dalle piante «per la loro capacità di indurre rilassamento e benessere – aggiunge la Landi–. Negli animali in particolare portano a una diminuzione dei comportamenti aggressivi e, sia negli animali che nelle piante, a un miglioramento della produzione». Nel caso specifico delle galline, inoltre, «questo si traduce non soltanto in un maggior numero di uova – continua la responsabile comunicazione di Seacoop –, ma anche in maggiori dimensioni delle stesse». (lu.ba.)

L”articolo completo è su «sabato sera» del 30 gennaio

La musica di Bach e Mozart al pollaio sociale di Toscanella per migliorare la produzione delle uova
Cronaca 29 Gennaio 2020

I rischi per la salute legati all'uso del telefonino nell'incontro di Cooperattivamente in collaborazione con l'Istituto Ramazzini

Quarto appuntamento, giovedì 30 gennaio, con la rassegna CooperAttivaMente ambiente e salute, ideata e promossa dal Consiglio di zona soci del circondario imolese di Coop Alleanza 3.0 e dalla Coop. Bacchilega (editrice del «sabato sera»). Dopo alimentazione e qualità dell’aria, si parlerà del telefono cellulare e dei suoi effetti sulla salute di chi lo utilizza. «Il telefonino: toglietelo dalla testa» è infatti il titolo dell’incontro, che si terrà a Imola, alla sala delle Stagioni in via Emilia 25 (ore 18.30). La dottoressa Eva Tibaldi, ricercatrice dell’Istituto Ramazzini, relazionerà sull’argomento alla luce dei risultati finora ottenuti dalla ricerca sulle implicazioni che le radiazioni elettromagnetiche hanno sull’incidenza di alcune malattie.

Proprio l’Istituto Ramazzini, un paio d’anni fa, ha portato a termine uno studio relativo all’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile, finanziato da un pool di istituzioni e investitori italiani e stranieri, comprese Regione Emilia Romagna e Arpa (leggi qui il nostro articolo sull”argomento). La ricerca, compiuta sui ratti, ha evidenziato «aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 volt/metro». Gli studiosi italiani hanno individuato inoltre «un aumento dell’incidenza di altre lesioni, come l’iperplasia delle cellule di Schwann sia nei ratti maschi che femmine e gliomi maligni (tumori del cervello) nei ratti femmine alla dose più elevata».

Ce n’è abbastanza, dunque, per approfondire il tema dei rischi correlati all’uso frequente del telefono cellulare, che ormai fa parte integrante della vita di quasi tutte le persone e quello degli accorgimenti da usare per ridurre gli effetti delle radiazioni sull’organismo umano. (mi.ta.)

Nella foto, tratta dal sito dell”Istituto Ramazzini, ripetitori di telefonia mobile

I rischi per la salute legati all'uso del telefonino nell'incontro di Cooperattivamente in collaborazione con l'Istituto Ramazzini
Cronaca 17 Gennaio 2020

A Montecatone arriva l' «esoscheletro antropomorfo» per aiutare a camminare le persone con lesione spinale

Migliorare le abilità motorie delle persone con lesioni spinali, garantendo loro una qualità di vita sempre più elevata. Il tutto grazie a un «esoscheletro antropomorfo», un dispositivo molto tecnologico messo a punto per aiutare i pazienti a camminare. E’ questo il senso del progetto di ricerca, promosso e coordinato dall’Istituto di Scienze neurologiche di Bologna e in partenza proprio nel 2020, al quale il Montecatone Rehabilitation Institute partecipa come principale centro di sperimentazione quantitativa. Il progetto è finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito del bando Ricerca finalizzata 2018 e rientra nella sempre più stretta collaborazione tra l’istituto bolognese e Montecatone, che in futuro potenzierà la condivisione di competenze ed attività nell’ambito di neurologia e neuroriabilitazione.

Al momento è stata già attestata la sicurezza dell’esoscheletro, mentre sono in corso altri filoni di ricerca mirati a valutare la capacità funzionale dell’apparecchio a migliorare il cammino e le abilità motorie in generale e gli effetti sul sistema nervoso centrale. Lo studio servirà dunque anche a comparare la riabilitazione classica del cammino con e senza il dispositivo.In dettaglio, l’esoscheletro permette alle persone con lesione spinale, con il controllo medico e la guida di un fisioterapista esperto, di mantenersi in posizione eretta e di muoversi correttamente sul suolo, gestendo autonomamente il peso corporeo aiutandosi con le braccia con un appoggio mobile. L’apparecchio consente di muovere le gambe attraverso motori a batteria ricaricabile che sostituiscono le funzioni neuromuscolari, mentre la camminata si ottiene attraverso sensori che rilevano il peso spostato e innescano i passi.

L’intero sistema è poi controllato da una centralina computerizzata che si trova, con le batterie, all’interno di uno zaino portato sul dorso dal paziente. Un controller portatile munito di display, collegato via cavo all’esoscheletro, controlla la programmazione e il monitoraggio dei parametri. Grazie all’apparecchio, la persona può muoversi in sicurezza già durante le prime sessioni, con una programmazione graduale che aiuta nella progressione dell’apprendimento, anche se il fisioterapista dovrà sempre assisterla durante la seduta riabilitativa. Per quanto riguarda, infine, le modalità e i tempi della sperimentazione, la sua fase operativa durerà 18 mesi e vi parteciperà una quarantina di persone. (r.cr.)

Nelle foto l”esoscheletro e una persona che cammina con l”aiuto del dispositivo

A Montecatone arriva l' «esoscheletro antropomorfo» per aiutare a camminare le persone con lesione spinale

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